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La farfalla sul mirino

Regia di Seijun Suzuki vedi scheda film

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FABIO1971

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su La farfalla sul mirino

di FABIO1971
8 stelle

Non sparare! La canna è piena di terra: se mi spari, ti scoppia in faccia e muori tu”.
Che cosa importa? Io ero già morta tra le tue braccia”.
[Jô Shishido e Anne Mari]
 
Tokyo. Hanada (Jô Shishido) è il terzo miglior killer al servizio di una potente organizzazione malavitosa, rigoroso e infallibile nel proprio mestiere tanto da godere della piena fiducia dei suoi capi: è sposato con la frivola Mami (interpretata da una deliziosa, disinibita e irresistibile Mariko Ogawa) ma non ama sua moglie, non beve (“Whisky e donne distruggono un killer”) e ha un unico vizio, quello di annusare, estasiato, il riso appena bollito (“L'odore del riso mi rischiara le idee”). Al termine di una pericolosa missione, conosce l'affascinante e misteriosa Misako (Anne Mari):
Ma tu sei sposata?”.
Io detesto gli uomini”.
Allora non hai speranza”.
La mia speranza è solo di morire”.
La donna tornerà presto a contattarlo per affidargli un nuovo incarico: con le quotazioni di sicario ormai alle stelle, Hanada fallisce proprio nel momento della prova più delicata, commettendo un involontario ma fatale errore e sbagliando obiettivo, complice una farfalla che, posatasi sul mirino del fucile un istante prima dello sparo, gli oscura la visuale. Misako, furibonda, è impietosa:
Hai commesso un errore, hai ammazzato un'estranea e gli errori si pagano: tu sei finito, ormai. Non solo ti sei screditato, ma verrà qualcuno a farti fuori”.
Conosco le regole, fallire equivale a una condanna”.
Preparati a morire”.
Morire?”.
Tu hai mai pensato seriamente alla morte?”.
Hanada medita inizialmente di fuggire all'estero, scatenando le ire della moglie, ma poi decide di rifugiarsi da Misako (“Io volevo fare l'amore con te e ora che finalmente ne avrei l'occasione, tu cerchi invece di ammazzarmi. Buffo, non è vero?”): chiusi in casa, i due si lasciano travolgere dalla passione e divorare dal desiderio e dalla paura della morte, con Hanada ormai vittima di una caccia disperata, divenuto la preda più ambita dai boss dell'Organizzazione, tradito da tutti, anche dalla moglie Mami, per il suo fallimento e braccato dai sicari più spietati e infallibili (tra cui i numeri Quattro, Cinque e il numero Uno, “il Fantasma”, che nessuno ha mai visto; il numero Due, invece, non c'è più: “l'ha arrostito Hanada”...).
 
Uno tra i titoli più celebri nella filmografia di Seitaro Suzuki (Seijun è lo pseudonimo adottato a partire dal 1958), una quarantina di regie, tra B-movie e pellicole di culto, nell'arco di undici anni e poi un lungo periodo di silenzio forzato, causato dalle reazioni dei dirigenti della Nikkatsu, gli studios per cui lavorava dal 1954, per l'insuccesso proprio di questo La farfalla sul mirino (“Il marchio dell'assassino” è la traduzione del titolo originale Koroshi no rakuin, ma il film è noto anche con il titolo internazionale Branded to Kill) e interrotto soltanto dopo altri dieci anni. I produttori non apprezzarono particolarmente le “astruserie” con cui Suzuki stravolse la sceneggiatura affidatagli a ridosso dell'inizio delle riprese per migliorarla (e che verrà poi firmata insieme ad altri sette fidati collaboratori con il nome collettivo Hachiro Guru, ovvero “il gruppo degli otto”) e ad esse imputarono il fallimento commerciale del film. I riconoscimenti, a fronte dell'indignazione suscitata dalle traversie legali del regista con la Nikkatsu, arriveranno soltanto successivamente, con tanto di illustri fan, sia a Oriente che a Occidente, a pubblicizzare finalmente la seminale influenza di Koroshi no rakuin nella propria formazione cinematografica.
Suzuki, seppur fedele alle convenzioni narrative del genere (il gangster e la femme fatale, lo spleen del loser, il tradimento, la caccia all'uomo, il duello, l'ineluttabilità del caso), contamina l'andatura classica dello yakuza-eiga affiancando alle atmosfere oscure e morbose e alla violenza esasperata della vicenda le astrazioni grottesche, l'audacia dell'erotismo (e masochismo, feticismo, misoginia), la causticità del black humour e le eccentricità della stilizzazione pop (il personaggio di Kasuga, l'omicidio dell'oculista, la soggettiva dal tetto dell'ambulanza, le farfalle morte, le animazioni di animali e pioggia in sovrimpressione, la pellicola in negativo, i contrasti di luci e ombre, l'alternanza frenetica tra campi lunghissimi e primissimi piani, i ralenti e i carrelli ottici, le ellissi, fino al lungo faccia a faccia tra Hanada e il killer numero Uno - sequenza che non a caso folgorò Tarantino - e al disperato finale sul ring del palazzo dello sport deserto), puntando sulla sfrontata ironia dell'approccio e sulla verve satirica dell'ispirazione per gli accostamenti più estremi: ne è un efficace esempio l'insistito gioco di simbolismi (acqua-fuoco/immagini-suono) che caratterizza gli incontri iniziali tra Hanada e Misako (il frequente ricorso, visivo e sonoro, all'associazione acqua/fuoco a contraltare il progressivo divampare della passione amorosa tra i personaggi, associazione simbolica poi destinata a colorarsi di toni via via più macabri e a evolversi tragicamente in amore-morte), dalla suggestiva sequenza del primo incontro, sotto il temporale [coincidenza tra immagini e provenienza dei suoni: i personaggi sono sotto la pioggia, che “si vede e si sente”. Parallelamente, anche coincidenza di intenzioni: è il momento in cui Hanada e Misako si conoscono, il momento della scintilla della passione/fuoco, comunque espressione - sempre metaforicamente - della reciproca volontà di convergere uno verso l'altro] alla sequenza in cui Misako recluta Hanada per la nuova missione, in cui piove nuovamente e i due si parlano sulla porta di casa [di nuovo coincidenza tra immagini e provenienza dei suoni, anche se la pioggia è “vista e/o sentita” a seconda dell'ambiente - dentro/fuori casa - in cui si trova il personaggio inquadrato dalla macchina da presa] e a quella in cui, dopo l'incendio/fuoco della sua abitazione, Hanada si rifugia da Misako [confusione - la stessa che, parallelamente, investe il rapporto in fieri di Hanada e Misako, ancora indecisi se uccidersi o amarsi - tra immagini e provenienza dei suoni: la sequenza si apre con un esterno notturno, un'inquadratura di Misako, in cui al segmento macchina da presa-soggetto si “oppone” il primo piano di una fontana, con il rumore degli zampilli che resta, però, in colonna sonora anche quando il taglio successivo trasporta la scena nella casa di Misako, finchè il rumore dell'acqua della fontana, nell'arco di un improvviso piano-sequenza in cui i personaggi si spostano nel bagno dell'appartamento, si trasforma in quello dell'acqua di una doccia].
Trascinato dal ritmo incalzante e dagli “strappi” convulsi del racconto, incorniciato dal cupo bianco e nero della splendida fotografia di Kazue Nagatsuka e impreziosito dalla magnifica colonna sonora di Naozumi Yamamoto, aperta dall'esibizione di Atsushi Yamatoya in Koroshi no Blues (ovvero “Blues dell'omicidio”: testi del team Hachiro Guru, musiche di Kagehisa Kusui), eseguita durante i titoli di testa (ma tornerà brevemente anche nel finale), La farfalla sul mirino è un noir beffardo e crudele, dall'impatto spettacolare coinvolgente e spiazzante per smalto formale e nichilistica irriverenza di sguardo, in cui Suzuki, impugnato il bisturi della destrutturazione, affonda implacabilmente i suoi fendenti nelle carni da rivitalizzare del corpus filmico: nel mirino di una rielaborazione essenziale, innovativa e survoltata di codici, tendenze e stilemi narrativi del genere, il rispetto del senso dell'onore e dell'etica dell'underworld, le debolezze umane, i cortocircuiti delle passioni, l'irrefrenabile pulsione autodistruttiva dell'(anti)eroe maledetto dischiudono i propri segreti all'uomodietro-lamacchinadapresa/fucile.
 
Una volta ho visto un killer dalla faccia blu: è andato verso lo specchio, l'ha fatto a pezzi ed è sparito”.

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