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Sacco e Vanzetti

Regia di Giuliano Montaldo vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Sacco e Vanzetti

di DeathCross
9 stelle

Visto che oggi ricorre l'88° anniversario dall'uccisione della Coppia di Eroi Anarchici, pubblico qua, integralmente (a parte la chiusura finale, di cui un po' mi vergogno) e nel formato più vicino all''originale', una recensione che scrissi 3-4 anni fa per il giornale del liceo. Lo stile è ovviamente datato e ancora acerbo, poco attento agli aspetti prettamente Cinematografici (che ora invece osservo maggiormente), però ho ritenuto importante pubblicare qui una recensione per commemorare questa triste data e, nel contempo, poter osservare con nostalgia la mia crescita Cinematografica, Politica e, soprattutto, Personale.

SACCO E VANZETTI

 

3 aprile 1920. Dopo otto settimane di interrogatori e pestaggi, l’anarchico italiano Andrea Salsedo precipita dal quattordicesimo piano del Park Row Building, a New York, dove si trovavano gli uffici dell’FBI. Il 5 maggio vengono arrestati altri due anarchici italiani: il calzolaio Nicola Sacco e il pescivendolo Bartolomeo Vanzetti. I due sono sottoposti a tre giorni d’interrogatori e alla fine il procuratore Gunn Katzman li accusa di una rapina avvenuta a South Baintree, un sobborgo di Boston, il 15 aprile, in cui erano stati assassinati due uomini, il cassiere della ditta e una guardia giurata. I due sono processati e, nonostante l’assenza di prove e la presenza di testimonianze a loro favorevoli, condannati a morte. In tutto il mondo nasce un movimento per liberare “Nick and Bart”, e un detenuto portoricanodi nome Celestino Madeiros confessa il furto. Nonostante ciò, il 23 agosto 1927, a sette minuti di distanza l’uno dall’altro (prima Sacco e poi Vanzetti), i due vengono uccisi sulla sedia elettrica. Questa vicenda è raccontata nell’omonimo film del 1971, diretto da Giuliano Montaldo con Gian Maria Volontè nei panni di Bartolomeo Vanzetti e Riccardo Cucciolla in quelli di Nicola Sacco. Il film sottolinea gli aspetti politici, sociali e umani della vicenda, attraverso una ricostruzione puntigliosa e coinvolgente dell’ambiente e del contesto storico in cui si sviluppa la vicenda, mostrando le motivazioni politiche della condanna e dando rilievo alla vastità del movimento di liberazione dei due anarchici. Il film procede alternando il tono del genere giudiziario a quello dell’opera di denuncia, e passando dal registro retorico a quello drammatico.  Ma il pubblico viene toccato nell’animo soprattutto dalle interpretazioni dei due attori protagonisti: un ottimo Volontè, che pronuncia i discorsi di Vanzetti mostrando la convinzione nell’Ideale e la speranza in un futuro migliore che animano il pescivendolo piemontese, e un eccellente Cucciolla, che illustra con commozione lo strazio vissuto dal pugliese Sacco e colpisce lo spettatore allo stomaco con i suoi profondi silenzi (e per questa sua magistrale interpretazione vinse il premio per la miglior interpretazione maschile a Cannes). Tra le innumerevoli scene toccanti presenti nel film, ne cito tre che, secondo la mia opinione, catturano di più l’attenzione dello spettatore: l’incipit, in bianco e nero, in cui si alternano la defenestrazione di Salsedo (storia che assomiglia molto a quella nostrana del ferroviere Pinelli Giuseppe, Milano 1969) e la retata della polizia contro un gruppo di italiani legati ai movimenti radicali di sinistra (la tragicità della sequenza è sottolineata dalla canzone The Ballad of Sacco and Vanzetti di Ennio Morricone e Joan Baez); il discorso che Vanzetti rivolge ai giudici alla lettura della sentenza (sto soffrendo e pagando per colpe che ho effettivamente commesso. Sto soffrendo e pagando perché sono anarchico, e mi son anarchic; perché sono italiano, e io sono italiano), in cui viene raggiunto l’apice della denuncia; infine, l’esecuzione dei due anarchici (ancora in bianco e nero) commentata fuori campo dalla lettera finale scritta da Sacco al figlio Dante, testamento spirituale per le giovani generazioni (...possono bruciare i nostri corpi, non possono distruggere le nostre idee. Esse rimangono per i giovani del futuro, per i giovani come te. Ricorda, figlio mio, la felicità dei giochi... non tenerla tutta per te... Cerca di comprendere con umiltà il prossimo, aiuta il debole, aiuta quelli che piangono, aiuta il perseguitato, l'oppresso: loro sono i tuoi migliori amici). Ovviamente non mancano alcune debolezze: per esempio, il film indugia un po’ troppo sul processo cadendo in qualche ripetizione; viene dato troppo poco spazio, a mio avviso, alle famiglie dei due protagonisti; inoltre il tono tende pericolosamente al melodrammatico. Ma questi sono difetti di scarsa importanza, e non danneggiano minimamente la bellezza dell’opera.  Termino spiegando il motivo principale per cui consiglio vivamente la visione di questo film: lo consiglio perché fa conoscere al pubblico due persone che hanno lottato e creduto in una Libertà autentica, una Libertà che non si limita ad essere uno spazio libero ma, anzi, implica una partecipazione attiva, parafrasando Gaber, un mettersi in gioco, un vivere appieno la Vita, una Libertà che non può esistere in assenza di Eguaglianza tra gli individui. E questa Libertà altro non è se non la Natura Intima, lo stato originario dell’Essere Umano. Buona visione. 

 

Here's to you,Nicola and Bart
Rest forever here in our hearts
The last and final moment is yours
That agony is your triumph

(‘Here’s to you’ di Joan Baez)

A.T., II I

 

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