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Regia di Lindsay Anderson vedi scheda film

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La recensione su Se...

di Kurtisonic
6 stelle

1969, Palma d’oro a Cannes. If rappresenta  nella forma, e nei significati uno dei titoli più eclatanti del  cinema free. Da sempre prigioniero dello straordinario patrimonio teatrale, il cinema inglese degli anni sessanta cerca di unire il linguaggio cinematografico in una rappresentazione globale, e vuole farsi interprete di un nuovo disagio sociale che emergeva in quel periodo. La sua forza è anche la sua condanna, If rimane imbrigliato fra i due tipi di rappresentazione, come se dovesse fare i conti con due anime distinte e troppo lontane, dalle quali risulta difficile una mediazione comune. Giovani studenti vivono in un college, sottoposti a regole rigidissime, costretti a seguire comportamenti militareschi e a reprimere ogni tipo di pulsione. Alcuni ragazzi, capitanati dal futuro eroe di Kubrick, Malcom Mc Dowell nel ruolo di Mick  lo studente più riluttante alle regole, faranno esplodere la loro rabbia mettendo a ferro e fuoco le convenzioni della società aristocratica e borghese. Il regista Linsday Anderson adotta gli schemi e le tendenze del nuovo cinema che si va affermando con le varie Nouvelle vague, restringendo il campo su aspetti scenografici, importanza e spazio agli attori, per compensare il racconto non solo con il suo pensiero attivo, ma lasciando per lunghi tratti che la storia stessa che possiamo condensare alla stregua della denuncia di un nascosto malessere sociale, si liberi in modo quasi incontrollato e si riveli in tutta la sua carica disturbante. Anderson ci arriva per gradi, il cameratismo, i soprusi, l’abuso del potere sono gestiti ancora più sadicamente dagli studenti stessi, i più “anziani,” denunciando quali sono (e profeticamente si riveleranno ancora per  lungo tempo) le basi culturali e ideologiche che condizionano la formazione mentale delle classi dirigenti. Con l’alternanza di sequenze che passano disinvoltamente dal colore al b/n, il regista sottolinea il bisogno di cambiamento, di uscita da schemi reali bloccati, il desiderio di accedere alle proprie pulsioni e tentare di rappresentarle. Interessante lo sguardo che pone sulla liberazione sessuale, che comprende richiami all’omosessualità e alla condizione già tendente alla mercificazione della figura femminile, senza però mai cadere nella didattica sociologica in favore di un’ottica che cerca poetica e creatività. La seconda parte di If si trasforma sempre meglio verso l’irriverenza delle convenzioni, manca forse di quella forza visiva surrealista e grottesca che però non fa parte del cinema inglese, If non  rappresenta l’ultimo colpo di un cinema senza vie d’uscita, che ambisce ad arrivare dove non può, ma per la sfrontatezza, il coraggio e la sua carica eversiva può essere individuato come un passo notevole in avanti verso quella identità che gli autori inglesi cercheranno di affermare con scelte di campo più nette e radicali e modalità di rappresentazione più omogenee negli anni a venire.

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