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Cabin Fever

Regia di Eli Roth vedi scheda film

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La recensione su Cabin Fever

di Decks
8 stelle

Opera prima e travagliata di Eli Roth, rimandata per mancanza di fondi e per contenuti eccessivi del film, nel 2002 finalmente possiamo assistere al suo duro lavoro (il cui titolo non a caso indica una particolare manifestazione claustrofobica e le malattie contratte dai bagni non igienici) aiutato dal produttore esecutivo David Lynch e da Angelo Badalamenti alle musiche, realizzando un buon film che porta una ventata di aria fresca dagli USA nel genere.

E' una fortuna che Roth sia stato accompagnato da maestri quali Badalamenti e Lynch, perchè questi ultimi riescono a sollevare il lungometraggio dalla solita miscela horror: aggiungendovi colonne sonore perfette, personaggi degni di esser ricordati e particolari scene che ricordano le atmosfere di Lynch (su tutte gli incontri con i poliziotti). La colonna sonora, soprattutto, riesce a mantenere costantemente un'elevata suspance, senza ammorbidire i sensi dello spettatore, ma anzi tenendolo ininterrottamente sulle spine, grazie a musiche cupe e intimiste. Altro lato positivo sono gli effetti speciali e le scenografie: una tranquilla baita si trasforma presto in un museo degli orrori, con la malattia che avanza trasmutando il corpo umano in un abominio e rendendo il bosco un inferno di atrocità e brutalità. Roth ha ben conoscenza del genere, e lo dimostra con continue citazioni che vanno da Raimi a Hooper, dando vita ad una storia che ha dalla sua cattiveria, fiumi di sangue e inquietudine a non finire, tutti elementi necessari alla realizzazione di un horror ben fatto.

Non c'è spazio dunque per pietà o buonismo, neppure i momenti romantici sono un'ancora di salvezza intorno alla morte che arieggia intorno ai protagonisti. In qualunque momento c'è il terrore per il contagio, per un virus invisibile che deturpa le sue vittime peggio di qualsiasi killer psicopatico, dieci volte più pericoloso e senza via di scampo. Il clima che si crea attraverso la paura di ammalarsi è grave e pesante, tutti aspirano alla sopravvivenza, rivelando che il marcio delle persone sia presente, già prima, che la malattia abbia fatto il suo corso. Egoisti, cinici, vendicativi senza un perché, crudeli anziché altruisti. Nessuno è affidabile, nemmeno coloro il cui lavoro è proteggere i più deboli. Lungi dal tentare di risolvere il problema, si è ben più propensi ad estirpare violentemente il male che affligge quella zona semi-disabitata. Nascondendolo, eliminandolo apparantemente senza accorgersi di aver condannato l'umanità e sé stessi, tramite gesti di odio e malvagità.

Il film non è però esente da difetti: su tutti le interpretazioni dei cinque protagonisti, evidentemente alle prime armi. Un problema che si trascina per tutta la durata del lungometraggio, che fa perdere, causa mancanza di espressività e toni vocali piatti e irreali, la credibilità della pellicola e l'ottimo ritmo che regia e colonne sonore trasmettono. Problema vistoso soprattutto nella parte iniziale del film, che nonostante serva solo da preparazione, fondandosi solo su attori e sceneggiature mediocri è talmente fuori dal contesto da risultare disturbante. Fortunatamente, per le sceneggiature si può chiudere un occhio, vista l'ottima cura con cui eventi e ritmo procedono in un crescendo che non fa staccare gli occhi un istante dallo schermo.

Non spaventa quasi mai, ma lascia addosso un forte senso di inquietudine e oppressione, dovuto soprattutto alla consapevolezza di quanto l'apparente invisibilità e impercettibilità di virus mortali e individui malvagi sia ben più da temere di spiriti maligni o quant'altro. Il primo risultato di Roth grazie a un notevole splatter, una regia corretta, un sonoro da brividi e un'aiuto (sia finanziario che tecnico) di Lynch approda ottimamente sul grande schermo.


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