Regia di Yorgos Lanthimos vedi scheda film
Un balordo (Plemons, perfetto), convinto che gli andromediani stiano invadendo la Terra, crede di riconoscere nella CEO di un'importante azienda biofarmaceutica (Stone, gli occhi più brutti di Hollywood) una di esse. Così la rapisce con la complicità di un cugino tontolone (Delbis). La donna viene segregata nella cantina dell'abitazione del ragazzo, ma farà di tutto per dissuadere i due rapitori, giocando sulla forza della parola e sull'evidenza del reale. Doppia sorpresa finale.
Lanthimos ormai è diventato un marchio che, al grido di "famolo strano", passa inopinatamente per il genio che non è, a partire dal titolo, riferimento colto alle Georgiche di Virgilio e al mito delle api che nascono dal bue morto, innestato sul coreano Save the Green Planet! di cui il film ricalca la struttura. Qui si parte con 75 minuti di sproloquio tra i due contendenti (una noia indicibile), per poi chiudere il film, che fino a quel momento si assestava su un registro grottesco con venature splatter, in una svolta fantascientifica sempre più rumorosa che mette insieme un immaginario da Flintstones e una lunga scena apocalittica. È un lunghissimo trampolino per un unico tuffo, con l'idea del complottismo elevata a barzelletta ripetuta e dilatata, senza che l'ultima mezz'ora tragica riesca davvero a dare peso a ciò che l'ha preceduta. Ma ciò che è peggio è l'ambiguità del messaggio: dopo avere sbertucciato le folli derive dei cospirazionisti da tastiera, il film torna pericolosamente sui suoi passi, lasciandoci credere che, tra camere dell'eco, rete e controinformazione, forse qualcosa di vero ci sia, senza però avere la lucidità per farne davvero un discorso sul nostro presente.
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