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Bande à part

Regia di Jean-Luc Godard vedi scheda film

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La recensione su Bande à part

di ed wood
4 stelle

Questo è il Godard più noioso e detestabile, o quantomeno il più involuto, il meno incisivo. E' vero che la dimensione ludica, postuma, ironica è sempre stata una costante nei suoi primi film, ma altrove dimostrò da avere un'ispirazione di gran lunga maggiore. Gli ingredienti di "Bande A Part" sono più o meno gli stessi delle altre sue opere dei primi 60's e fondamentalmente vertono attorno ad un perno "dialettico": da una parte la finzione, il gioco, la farsa, il gesto, la messa in scena, la simulazione, dall'altra la realtà, i tempi morti, il naturalismo dell'ambientazione, i lunghi e logorroici dialoghi cassavetes-iani (che tanto hanno influenzato Tarantino, che infatti adora questo film e, se ci pensate bene, i suoi fake-gangster degli anni 90, ma anche le anti-eroine di Grindhouse, sono una parafrasi di "Bande A Part", con esiti ben più spassosi). Godard si diverte qui (tediando però lo spettatore) a sovrapporre, al solito, il distacco degli in­serti letterari all'intensità di primi piani e veloci tagli al montaggio; si passa con apparente disinvoltura da pesanti ed intellettualistici discorsi da cafè radical-chic a pretestuose corse catartiche nel bel mezzo del Louvre, come dire: siamo borghesi, colti, ma anche mattacchioni e anarcoidi; siamo smaliziati, ma in fondo ancora bambini; ci piace la poesia della penna, ma anche quella della pistola. Godard tenta questo mix brechtiano di opposti, di noir che si riversa in farsa che finisce in tragedia, di "pose" prima ostentate poi negate da una velleitaria pretesa di autenticità. Più che Godard, pare "godardismo". Siamo assai lontani dal genio, l'inventiva travolgente, l'esistenzialismo sincero, la sfaccettatura tematica e formale dell'Ultimo Respiro, così come dall'empatia (fratturata in una impervia forma-diario, ma proprio per questo più struggente) di Vivre Sa Vie o dalla riuscita, finissima e stimolante sovrapposizione di immaginari (e di livelli semantici/estetici/narrativi) che aveva deliziato il "bandito delle 11" etc...Qui Godard mostra la stanchezza di una nouvelle-vague che, nel 1964, doveva necessariamente trovare nuove vie di espressione; forse JLG voleva giocare la carta del riepilogo di temi e modi, ma si arena in una maldestra riproposizione del menage a trois di Truffaut, del melo-noir simulato, della sostanza che gioca a nascondino dietro la forma etc...senza però trovare momenti veramente degni: se il cinema è un gioco, che almeno sia divertente! ;-)

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