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Bande à part

Regia di Jean-Luc Godard vedi scheda film

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La recensione su Bande à part

di MrPostman
8 stelle

Dopo aver visionato e compiuto una minuta autopsia di questo drammaturgico ed afflatante affresco romanzesco, sono giunto alla conclusione ( già pensata e dibattuta all'interno della mia anima vegetativa ed intuistico-intellettuale) che Godard non è un regista, nè un cineasta che dirige pellicole, scrive sceneggiature e parla agli attori: egli è un artista, il dipingitore amanuense ed elegante di una galleria indescrivibile nelle sue annotazioni uniche e principali di quadri letterari e (non) cinematografici, che portano al limite estremo la loro cognizione e memoria assoluta."Bande a part" ( nella mia esegesi interpretativa, una vera e propria "banda oscillativa a parte", muove il cardine aulico della sua stessa "weltanschauung" intorno alla bellissima "ancilla" Odile, che, nell'enigmatico gioco fisico-matematico propinato dal regista, è una metempsicosi (illusoria) litotica della patente "kineseos noesis" illuscente la sua luccicanza egoista nella superficie di riflessione ed inflessione del cineasta-poeta.Conseguentemente, la prima scena in cui ella compare è ambientata in una lezione d'inglese, dove lo "xenos", dis-comprensione elegitiva obstante l'area cinesensitiva dello sguardo opico ed opale, si fonde in reazionario matrimonio psicocollettivo con le sensazioni attrattive ed agenti avvertite dalla protagonista ( rapporto uomo/donna, cinema/realtà, che troverà maggiore esplanazione altrove).Ma, naturalmente, quando si assiste ad un'opera proveniente dal "bonum ingenium" del francese Godard, tutto il resto, compresa la stessa storia, subisce una dissoluzione invertita, quasi che soltanto nella sua accezione di spontanea conclusione ad un ragionamento eccellente artistico-realistico si potesse vedere la sua vera natura plottistica.Difatti, ho scorto nella segmentizzazione delle parti storiche della trama una sorta di concezione "climaxista discendente" del cinema: in un primo momento, come "sciarada" apartativa, che, quantunque dolce ed ontologicamente concepibile, non può essere inserita sul contesto nominato, ma sub-inerito; poi, l'(im)possibilità biocinecratica di sintropocronizzazione "adversus secum" ( esempio manifesto è il delirante fotogramma al bar durante un minuto di silenzio dinamico); infine, la dolevole filonesesi accipibile della vita, la quale, essendovi l'amore, può rendersi con un'opportuna metamorfosi semplicemente "filìa".Perchè un tassello della verità archetipica può essere mutuale al concetto originante feconde suggestioni compienti e strutturanti innati legami inter(con)testuali dalle nebulose luminiscenze telenergiche.

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