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Lost in Translation

Regia di Sofia Coppola vedi scheda film

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La recensione su Lost in Translation

di Gangs 87
5 stelle

Dopo Il giardino delle vergini suicide, in cui Sofia Coppola decide di raccontarci la difficile età dell’adolescenza, con Lost in Translation sembra voler fare un balzo in avanti e ci mostra, a suo modo, l’amore. Attraverso lo sguardo maturo e disilluso di Bob Harris, attore insoddisfatto, e quello giovane e affamato di Charlotte, moglie di un fotografo in carriera che la trascura per il suo lavoro.

 

L’amore raccontato dalla Coppola è più che altro sussurrato, sempre sullo sfondo, protagonista assoluto ma quasi volutamente tenuto in una bolla che aleggia per tutta la durata della pellicola senza mai scoppiare. Tra i due protagonisti si svolgono sguardi d’intesa, abbracci, frasi all’orecchio e sono più le cose non dette e non fatte di ciò che poi effettivamente si compie.

 

Senza dubbio la sua visione risulta cortese e suo modo affascinante, così come il suo modo di mostrarci Tokyo tra i suoi colori e le sue luci al neon, la sua vita caotica con cui contrasta la tranquillità disturbante delle vuote camere d’hotel in cui i due alloggiano.

 

Personalmente però non mi sono sentita mai veramente coinvolta dal racconto che, proprio per la sua impostazione, risulta a tratti scomposto e, per quanto lineare, in diversi punti annoia. Consapevole delle mie alte aspettative a proposito, avendo adorato l’esordio della regista, ammetto che forse il mio aspro giudizio è dettato in parte anche da questo ma è indubbio che la pellicola pecca di dialoghi o di quel sentimentalismo tale da renderlo empatico.

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