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Predator: Badlands

Regia di Dan Trachtenberg vedi scheda film

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La recensione su Predator: Badlands

di DeathCross
8 stelle

L'umanizzazione del Predator è la naturale evoluzione di una specie che, soprattutto da quando è in mano a Trachtenberg, ha ormai raggiunto una complessità culturale tale da non poter più continuare a muoversi in una monolitica e totalitaria esaltazione della forza bruta. Coraggiosa la scelta di avere buona parte di dialoghi nella lingua Yautja.

Nel 2025 la saga di Predator ritorna con ben due lungometraggi, entrambi diretti da Dan Trachtenberg, autore di Prey: l'antologico animato Killer of Killers e il live action Predator: Badlands, di cui Trachtenberg è anche co-autore del soggetto insieme allo sceneggiatore Patrick Aison, mentre il fratello David monta insieme al produttore esecutivo (e attore vocale) Stefan Grube. Il film è accolto bene dalla critica e pare andare bene al botteghino.
Se da un lato la scelta di rendere buono un Yautja, insieme alla presenza di spalle ironiche come un'androide interpretata da Fanning e la creaturina Bud (ma anche l'assenza di umani in carne e ossa), rischia di portare la saga sul cliché zuccheroso disney, dall'altro lato un inizio cruento (e un epilogo non da meno) controbilancia questo aspetto. La "buonizzazione" o, meglio, umanizzazione del Predator, inoltre, è anche la naturale evoluzione caratteriale di una specie che, soprattutto da quando è in mano a Trachtenberg (ma non solo), ha ormai raggiunto una complessità culturale tale da non poter più, a mio avviso, continuare a muoversi in una monolitica e totalitaria esaltazione della forza bruta. Traducendo, non si può continuare a mostrare i predator come creature intelligenti e tecnologicamente super-avanzate e al contempo unanimamente votati al massacro, ci devono essere schegge refrattarie a quest'ordine come Dek, il protagonista di questo film, e suo fratello Kwei.

Molto interessante, nonché coerente con il primissimo Capitolo, è il ribaltamento di prospettiva predatore/preda, avendo stavolta il Predator alle prese con un mondo ostile da cui, però, può trarre eccellenti insegnamenti utili per la propria (e altrui) sopravvivenza. 
Riguardo alla cultura Yautja, molto affascinante e, a mio avviso, coraggiosa è la scelta di iniziare il film, per un paio di decine (almeno) di minuti, sorreggendosi su dialoghi espressi esclusivamente in questa lingua, mantenendola poi come espressione del protagonista anche quando, con l'introduzione di Thia, arriva la lingua inglese.
Un messaggio ecologista, anticapitalista e antiautoritario impreziosiscono questo film insieme a un intrattenimento raggiunto sempre con buona competenza, a un'estetica coinvolgente tanto nelle immagini quanto nel sonoro (musiche e non solo), a un cast ottimo (sia Fanning nel doppio ruolo Thia/Tessa sia Dimitrius Schuster-Koloamatangi in quello non solo meramente fisico di Dek) e a una buona narrazione.
Insomma, Predator: Badlands conferma l'ottima salute della saga di Predator e invoglia a vedere assolutamente ulteriori proseguimenti, che siano sequel diretti di questo film, di Killer of Killers, nuove storie standalone o persino un terzo tentativo (cinematografico) di unire questa saga con quella di Alien, come suggerirebbe la presenza della compagnia Weyland-Yutani.
Consigliato.

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