Regia di Benny Safdie vedi scheda film
Classico esempio di film indipendente pompato da critici che data la loro condizione di privilegio vivendo di una professione tanto frivola, amano vedere le paturnie professionali e sentimentali di un riccone miliardario, tirata per le lunghe come un documentario di 123', sempre con la macchina in movimento e girato a 16mm(tra le poche scelte apprezzabili), per la classica montatura di "cinema veritè" hollywoodiana. Ma c'è anche chi non sa fa giocare da simili operazioni festivaliere e costruite per i premi, da tanto tempo.
Safdie bros. ha sicuramente guardato ma con il suo solito sguardo in cerca disperata di "autorialità" tanti di quei vecchi nastri in beta della UFC di Mark Kerr e Mark Coleman, mentre il trailer sembrava incredibile e spacciava il film come fosse innervato di enfasi e pathos sportiva, cosa che assolutamente non è, e persino i primi 15 minuti circa ancora promettono una visione audace, poi totalmente assente. Dopo e per i restanti 105' cosa c'è ? Una completa mancanza di sostanza, se vogliamo, da parte dello sceneggiatore/regista Benny Safdie. "The Smashing Machine" non ha infatti assolutamente idea di cosa voglia trasmettere, e lo dimostra soprattutto nelle estenuanti e anche piuttosto fastidiose, lunghe sequenze a camera mano delle diatribe verbali e familiari/esistenziali poi situazionali, con la moglie Emily Blunt. Unica vera ragione di seguire il film ma solo visivamente data la grandissima milfona supertopAAA++ che è nel cafonal ruolo, sfoggiando oltretutto abiti succinti e superstrizzati da pornodiva in shopping al pornoshop, soprattutto nella parte iniziale in Giappone. Ma invece, per fare una panoramica molto elementare, il film racconterebbe ben altro cioè la storia di Kerr (Dwayne "The Rock" Johnson), un famoso-per gli appassionati soprattutto americani e già oggetto di un documentario lungo omonimo, del quale il film rappresenta in pratica il suo rifacimento pedissequo di finzione-lottatore UFC alla fine degli anni '90. Insieme all'amico Mark "The Hammer" Coleman (Ryan Bader), Kerr raggiunge la vetta nel mondo trucido delle arti marziali miste. Ma lungo la strada: gli estenuanti e irritanti litigi domestici con la moglie Dawn (Emily Blunt, topa stellare ribadisco) e le contigue lotte per abuso di sostanze stupefacenti nel tentativo di anestetizzare il dolore delle numerose percosse sul ring. Ma su questi argomenti sportivi e di sfruttamento/commercializzazione, avevano già detto tutto e molto meglio Peter Gent, Ted Kotcheff e Nick Nolte con libro e film omonimo "I Mastini del Dallas" (North Dallas Forty), nel lontano 1979. Senza mezzi termini ma dati i tempi di esaltazione per certi temi nessuno ve lo dirà, il grosso problema di "The Smashing Machine" è che apparentemente riduce il tutto a una storia di liti domestiche di basso livello, in cui ci si chiede perché il pubblico ne possa mai venire così coinvolto (io che non subisco certi lavaggi di cervello certo non lo sono stato). E forse addirittura pure questo superfluo aspetto è stato rappresentato in modo più convincente o emotivo nel citato documentario su cui si basa il film, ma qui, nella versione "divistica", risulta quanto di meno impegnativo ci si possa immaginare. The Rock è una apoteosi ed esaltazione autocompiacente dell'utilizzo di ogni anabolizzante possibile per ottenere successi nella vita. Come d'altronde è dichiaratamente lo è il vero Kerr, senza dubbio, ma in una misura tale per cui persino lo Schwarzenegger di 30 o 40 anni fa sembra molto umano e non un personaggio di "Hokuto No Ken" . La somiglianza fisica con Kerr è resa abbastanza impressionante tramite anche capigliatura nera che Johnson non ha, e lo stesso riesce a catturare la benevolenza caratteriale di Kerr anche quando egli si trova di fronte ai pericoli ad alto rischio nell'ottagono e/o alla sua sminuzione costante al di fuori di esso. Tuttavia, la Blunt a parte il pipatonante discorso estetico e fisico di cui sopra sembra mal scelta (forse solo mal utilizzata) nel suo ruolo di deuteragonista, e nessun altro brilla in alcun modo particolare. In definitiva, penso che Safdie abbia semplicemente esagerato con la sua albagia da indipendente autoriale pur con un materiale già non eccelso o particolarmente interessante di partenza, come qui in "The Smashing Machine", che appunto già tratta di uno sport piuttosto truzzo ed estremo che non è certo la NFL o la NBA, la MBL ecc, comunque affrontato molto meglio dall'appassionato-e si vedeva- David Mamet in "Redbelt" 18 anni fa. Vorrebbe essere un'ode agli albori dell'UFC, ma non lo è. Vorrebbe essere un film d'azione e di lotta, ma non lo è e soprattutto manca cosa più colpevole in un film e storia di questo tipo, del pathos e senso dello spettacolo sportivo.
Vorrebbe essere un dramma di rilievo all'interno del genere dei film di sport, ma non lo è. Quando tutte queste possibilità vengono definitivamente abbandonate, rimane poco tempo o impegno, per rendere il profondo dramma relazionale che il film desiderava. Pur volendolo che ti piacesse, se non tutto della trama, ogni svolta nei personaggi o ogni snodo della trama è profondamente deludente, al punto che alla fine ci si ritrova soltanto annoiati e tediati, e anche emotivamente disconnessi dagli eventi rappresentati.
Giusto per fare un paragone, il misconosciuto al confronto "The Iron Claw" del 2023 (un film con un tema simile sul mondo del wrestling professionistico) supera nettamente questo pompato- anche per le capacità e abilità pubblicitarie della A24- "The Smashing Machine" . Una noia in definitiva mortale, e anche se ci si avvicina con poche aspettative, dato che non sono mai stato un grande esegeta dei film dei fratelli Safdie. Ti aspetti un dramma e mi è capitato un dramma. Ti aspetti una buona recitazione mimetica di Johnson in un ruolo che praticamente è anche se stesso, e almeno questo c'è. Il problema grosso è che però è all'interno di uno dei film più noiosi che abbia visto quest'anno. Si deve fare di tutto per non andarsene e lasciarlo riprodurre da sé durante le sue - ridicole- due ore di durata. Non succede niente come fossimo in un film italiano-tipo di oggi. Non succede una sola cosa interessante. Quando si creerebbe una biografia cinematica, bisognerebbe prima verificare se la persona di cui si sta creando la biografia è un individuo interessante. Mark Kerr non è un propriamente un individuo interessante. Guardare la sua vita sullo schermo è davvero molto noioso. Che peccato, ha imparato a perdere pur con una villa da 30 milioni di dollari e 30 stanze, una moglie galattica e tutto quello che può desiderare e pensare. A nessuno importa, ognuno come dicono sempre tutti, ha le sue difficoltà. La regia di Safdie è l'elemento più sorprendente in senso negativo. E' tutto piatto. Incredibilmente piatto. Soprattutto per un regista noto secondo alcuni per il suo talento visivo. Sarebbe allora una delusione da non dimenticare soprattutto in tal senso. Nel complesso, il consiglio è di saltarlo e soprattutto i consigli e le lodi esageratamente ridicole dei critici "mod". Per quanto avessi voluto godermi qualcosa di stimolante, data la recitazione molto efficace di Johnson, il modo in cui la storia è presentata e la vita senza eventi di questo tizio non sanno nemmeno da dove si cominci in un film del genere per gratificare e rendere l'esperienza visiva piacevole. Solo annoia a morte. Come si possa realizzare un film sui combattimenti MMA e renderlo banale e poco interessante è al di là della mia comprensione. Menzione speciale duro d'orecchi d'oro 2025 alla colonna sonora, che non si capisce se ironicamente una presa in giro spettatoriale, o seria. Orribile e pure questa munificata da qualche critico scappato di casa, che con grande sprezzo di ogni possibile originalità utilizza canzoni mai sentite se non un milione di volte anche nelle balere di paese del PD di un tal Rod Stewart, persino - ancora, non sto scherzando-"My Way" durante l'allenamento decisivo per la resurrezione agonistica del protagonista, e anche scarso buon gusto musicale grazie al quale ci sono con ben due canzoni pure gli immancabili Queen.
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