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La macchia umana

Regia di Robert Benton vedi scheda film

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La recensione su La macchia umana

di giancarlo visitilli
4 stelle

A Natale bisogna saper distinguere il polpettone dal panettone. Nel primo caso ci riferiamo ad una certa produzione cinematografica, quella tanto cara ai “natalini”, cioè a coloro che vanno a cinema solo a Natale, perché è meglio che la tombola, per intenderci. Fra i polpettoni di questo natale 2003, un posto di riguardo va sicuramente riservato al film di Robert Benton, La macchia umana, tratto dal bellissimo e omonimo romanzo (ecco il panettone!) di Philip Roth. Presentato Fuori Concorso al Festival di Venezia 2003.
Siamo lontani un miglio dal Benton di Kramer contro Kramer, soprattutto per l’operazione falsamente suggestiva dalla quale s’è lasciato prendere il regista, utilizzando un romanzo di successo, insieme a due interpreti di grido del cinema mondiale, come Anthony Hopkins e Nicole Kidman, che qui sembrano condannati a vivere in una situazione stand-by, intrappolati nelle loro carcasse sin dall’iniziale sequenza. Per giunta fra tante ‘macchie’, avendo il film una struttura con intrecci, snodi, sfaldamenti, tanto quanto basta per confondere e ‘macinare il polpettone’. Molti i buchi neri e le strade percorse senza alcuna via d’uscita. Semplice dimenticanza? Bho!
Così, ci si ritrova alle prese con Coleman Silk, uno stimato insegnante di letteratura classica e preside di college, che riserba un segreto a sua moglie, agli amici e forse a se stesso: la relazione con una giovane e bella bidella. Quando il tanto temuto segreto di Silk è scoperto, lo scrittore e amico, Nathan Zuckerman, riporterà alla luce altre devastanti conseguenze. Sarà Zuckerman a rivelare la vera identità dell'insospettabile insegnante dalla vita apparentemente irreprensibile, che l’ha visto protagonista della dolorosa rottura con la madre, il fratello e la sorella, tutti di colore, come alcuni suoi alunni afroamericani, chiamati perciò “zulù”.
Anthony Hopkins, nelle vesti del professore, oscilla fra la ciclotimia di un sessantenne nonno e l’esibizione d’una virilità a base di Viagra. Di conseguenza, anche la Kidman si fa ansiosa, risultando poco credibile. Nessuna Attrazione fatale fra i due, nonostante lo sceneggiatore, Nicholas Meyer, sia lo stesso del film di Adrian Lyne, se non un vano e imbarazzante accanirsi sui corpi degli stessi, da parte di Benton. Ma questo ormai fa moda, da Intimacy fino a qui, ce n’è uno a settimana.
Quanto, piuttosto, sarebbe risultato interessante spingersi oltre l’immaginario di uno dei massimi romanzi di Roth, che ambienta la storia nel 1998, “l’anno della bacchettoneria e della pompineria”, proprio nel pieno dello scandalo che vide coinvolto Bill Clinton con Monica Lewinsky; che a proposito della correttezza politica scrive “mai sentito un esempio migliore di ossimoro”. Dal romanzo si evince una nazione sempre più controversa, ipocrita, coercitiva e menzognera, che riesce a ‘nascondere’ anche il colore della pelle di Silk, nato dall’unione di due afroamericani, con una malformazione genetica, perciò dal colore della pelle maledettamente bianco. Infatti, Silk vive da bianco con una mentalità da nero.
Ma Benton sembra non voler rischiare e tralascia gli ossimori, fidandosi del suo sguardo languido e privo di quell’azione ch’è sempre nemica del pensiero. Alla fine ci si sente come la Kidman quando al quesito “Come ci si sente a far l’amore con un vecchio?”, lei risponde: “Non ci sono sorprese”. Non che ce ne aspettavamo da Benton, ma a questo punto è meglio gustarsi a casa una fetta di panettone col rischio che, essendoci all’interno delle custodie i soliti concorsi milionari… le sorprese arrivino prima dalla melegatti-motta-bistefani… Piuttosto che dal cinema dei polpettoni natalizi.
Giancarlo Visitilli

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