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Il ritorno

Regia di Andrej Zvyagintsev vedi scheda film

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La recensione su Il ritorno

di maurizio73
7 stelle

Ivan e Andrey sono cresciuti da soli insieme alla madre, ancora giovane e bella, ed alla nonna materna in un piccolo villaggio lacustre nel cuore della Russia. Un giorno si presenta un uomo che dice di essere il padre e li conduce con sè per una gita di un paio di giorni che gli consenta di recuperare il tempo perduto e conoscersi meglio. Lungo il tragitto, in auto prima ed in barca dopo, iniziano però a crescere ed acuirsi tensioni e dissapori che fanno dubitare i due sulla reale identità dell'uomo e sui suoi veri scopi. Finale tragico.

 

 

Trhiller intimistico e familiare, giocato sui toni lirici del racconto di formazione e sulle ambiguità di un'ambientazione sospesa tra le drammatiche contingenze del reale le immaginifiche prospettive del plausibile, l'opera prima del 'siberiano' Zviagintsev è uno sgomento viaggio alla ricerca di una memoria di sè che si smarrisce nello sradicamento di un'infanzia tradita e nella dolorosa accettazione di legami di sangue che il tempo e la lontananza hanno inesorabilmente mutato nel rancore e nella diffidenza di una inesplicabile separazione. Nel paesaggio irreale di una dimensione raggelata e distante, che affida al sogno ed agli sbiaditi ritratti di foto ingiallite dal tempo gli unici indizi di una inconfessabile verità, si muovono i personaggi di questa triste favola dell'impostura e dell'amore incompreso, lungo un viaggio,reale e simbolico assieme, per terra e per mare che li condurrà alla scoperta del tesoro nascosto in uno scrigno segreto, custode e depositario insieme di un'amore paterno che non sa più reclamare il diritto alla propria autorità ed affida alla memoria di un passato felice i reperti tangibili di un indissolubile legame filiale.

 

Il Ritorno (2003): una scena del film

 

Il Ritorno (2003): una scena del film

 

Ciò che è perduto non sa più ritornare, sembra dirci l'autore, mettendo in scena con incredibile maturità espressiva le direttrici parallele di una verità ondivaga e sfuggente, divisa tra le esitazioni di una verosimile diffidenza e gli slanci di una incompresa sincerità che finiscono per confluire nel finale ,drammatico e banale insieme, dove i nodi si sciolgono e l'amore tradito può finalmente rivendicare la sua triste e dolorosa vendetta.

 

 

 

Cinema stratificato quello di Zviagintsev, dove convergono mirabilmente i valori di una tradizione che ricerca nella realtà il riflesso di una dimensione altra e insondabile, come nelle foto (quelle di un'infanzia felice e di un presente incerto) sembrano esse stesse costruire il percorso di un destino ineluttabile, segnato dall'assenza e dalla perdita di un padre che ritorna per andarsene per sempre, il cui corpo, come inghiottito dai gorghi del tempo e della memoria sprofonda inesorabile nell'abisso dell'oblio; come quello del giovane Vladimir Garin (Andrey nel film) anch'esso tragicamente annegato alla fine delle riprese e che l'autore volle ricordare ritirando il premio per il Leone d'oro alla 60ª Mostra Cinematografica di Venezia.   

 

 

 

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