Regia di René Clair vedi scheda film
Entr'acte. René Clair ci mostra cosa accadrebbe se, un giorno, la visione cinematografica smettesse di essere affidabile, e decidesse di trasgredire i canoni che, di norma, consentono all’occhio pigro di adagiarsi sulla tranquillizzante e benevola coerenza del flusso delle immagini. La macchina dell’illusione potrebbe ribellarsi alla nostra passività di spettatori e, capricciosamente, divertirsi ad infrangere le nostre abitudini e a tradire le nostre aspettative. L’intermezzo di un balletto – ossia dello spettacolo classico e borghese per antonomasia – è l’occasione ideale per questo gioco spiazzante e irriverente, che spezza l’armonioso ritmo della danza e sveglia bruscamente dal torpore della melodia. Lo spirito di questo cortometraggio è in palese antitesi con il titolo della coreografia dadaista di Francis Picabia (Relâche, ossia “Riposo”), in cui inserisce contenuti che, più che sur-reali, sembrano post-reali, in quanto fenomeni di una realtà che ha perso il filo e che, uscita dalla prassi che la teneva insieme, si sparpaglia a casaccio per le vie del mondo. Il corteo funebre impazzito è l’emblema di un movimento che sbaglia velocità e direzione, intraprendendo un vagabondaggio psichedelico in cui ogni senso di marcia è consentito, ed ogni prospettiva è realizzabile. Le leggi fisiche decadono, il tempo può tornare indietro, la morte è un processo reversibile, la natura può procedere per salti, ed anche i limiti del grande schermo finiscono essere violati.
Forse è improprio definire questo film sperimentale, perché sperimentare significa muoversi alla cieca, tastando i confini del possibile; Entr’acte è, invece, la prova concreta di un fatto compiuto, ossia dell’avvenuta frantumazione delle regole, che non distrugge l’arte né elude la sua disciplina, ma, al contrario, ne esalta e vivifica le supreme potenzialità espressive.
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