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Kes

Regia di Ken Loach vedi scheda film

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La recensione su Kes

di Peppe Comune
9 stelle

Billy Casper (David Bradley) è un ragazzo di 15 anni che non vive una vita proprio spensierata. Abbandonato dal padre, vive insieme alla madre (Lynne Perrie) e al fratellastro Jud (Freddie Fletcher), che nella migliore delle ipotesi lo trattano come un caso senza speranza. Anche a scuola le cose non vanno bene, lo studio non è una cosa che vi a genio, è coinvolto in ogni rissa che capita nell’istituto, ed è spesso fatto oggetto di bullismo dai suoi compagni di classe. Costretto a subire l’autoritarismo dei professori, soprattutto quello del signor Gryce (Bob Bowes) e del signor Sugden (Brian Glover), la scuola per lui è come una prigione, del tutto incapace di farlo evadere dalla vita difficile che gli è capitata in sorte. Ma un giorno scopre in una fattoria un nido di gheppi e decide di prenderne uno. Leggendo su un libro dedicato agli uccelli, scopre che il gheppio è un uccello che appartiene alla famiglia dei falchi e può essere addomesticato. Così Billy si immerge totalmente nella lettura per imparare a conoscere le abitudini del suo nuovo amico, che ha chiamato Kes. Il rapporto con il piccolo falco diventa l’unico scopo per Billy, che si guadagna anche la stima del signor Farthing (Colin Welland), l’unico insegnante che si prende la briga di ascoltare l’animo di un ragazzo solo.   

 

Kes' (1969), di K. Loach, con D. Bradley. – Re-Movies

 

"Kes" - Scena

  

All’inizio della sua carriera cinematografica, Ken Loach fece tre film in quattro anni : “Poor Cow”, “Kes” e “Family Life” (né passeranno poi otto per fare “l’avventuriero” "Black Jack”). Pur se inseriti all’interno del “Free Cinema” inglese, tendono ad emanciparsene per una più marcata impronta militante, perché, se comune rimane lo stile libero e anticonformista, più dirette ed evidenti appaiono le finalità socio politiche verso cui si tende ad orientare l’attenzione di chi guarda. Infatti, a guardarli oggi e tutti insieme, questi film, pur nella differenza delle storie raccontate e nella diversa caratterizzazione dei personaggi, ci appaiono quasi come un corpo unico : per la maniera univoca con cui sanno generare empatia con le vite disagiate dei personaggi e per il modo in cui si tende a legare le vicende esistenziali di ogni personaggio con il più ampio disegno sociale che gli riguarda. Insomma, questi tre film fatti uno dietro l’altro rappresentano una sorta di dichiarazione d’intenti di Ken Loach, che si impone subito per originalità di stile e passione dello sguardo, caratteristiche che lo accompagneranno lungo una luminosa carriera che continua ancora oggi.

“Kes” (liberamente ispirato al romando di Barry Hines “A Kestrel for a Knave”) si pone in mezzo agli altri due film ed è una bella storia di formazione che evidenzia con una chiarezza disarmante l’innata capacità dell’autore inglese di saper raccontare con piglio antiretorico storie di “ordinaria” marginalità sociale. Un film che insinua i contorni della favola agrodolce ma con lo sguardo fisso sulle condizioni di vita delle classi popolari.  Insomma, Ken Loach, già in piena forma e con la ferma decisione di non mandarle a dire.

Vale la pena sottolineare (come già fatto dal bravo Steno nella sua bella recensione) le analogie evidenti con “I 400 colpi” di Francois Truffaut. Certamente “Kes” ha un taglio più cronachistico e meno poetico, ma in comune con il capolavoro francese ha il tema portante e fondamentale dell’adolescenza messa in riga dall’ottusa autorità sociale gestita dai grandi, autorità che si esercita soprattutto in due luoghi cardine per la crescita di un ragazzo : la scuola e la famiglia. Infatti, intorno al bel rapporto che Billy instaura con il suo amico alato, “Kes” riflette sulla famiglia disfunzionale e sul mondo della scuola, mostrandoci come, da momenti di educazione serena del carattere di un adolescente, si trasformano in luoghi di formazione incidentata della sua psiche. Un’ analisi fatta senza lesinare l’uso di situazioni portate fino al limite del grottesco, usate come per vestire di ridicolo l’ostentato autoritarismo degli adulti. Emblematica è tutta la parte della partita di classe, giocato in un campo impraticabile e con il professor Sugden che fa valere il suo ruolo per indirizzare il risultato a suo favore. Tutta questa parte del film è marcatamente tragicomica, ed è evidentemente servita a Ken Loach per legare l’ottusa autorità praticata dai grandi al fatto che questi sembrano voler scaricare sui ragazzi le loro frustrazioni latenti. L’unico che presta ascolto a cosa ha da dire Billy è il professor Farthing. È grazie a lui che il ragazzo racconta alla classe come ha imparato ad allevare un gheppio, in un discorso appassionato che ha affascinato tutti e che tutti dimostrano di apprezzare molto. Compreso il professore, che impara a sue spese che dietro quel ragazzo generalmente etichettato come un selvaggio è custodito un rispetto per la vita che può fare scuola. Che alla fretta che fa produrre giudizi approssimativi, è da preferire la pazienza di ascoltare le storie che hanno da offrire quelli a cui è stata arbitrariamente tolta la voce.

Dal canto suo, Billy trova nell’allevamento del piccolo falco un motivo utile per affrancarsi dalla durezza della vita e trovare un modo piacevole per trascorrere diversamente le giornate. Poi Kes si trasforma in una vera ragione di vita, perché misura su sé stesso delle capacità che non sapeva di avere, perché i risultati ottenuti con l’allevamento dell’amico uccello dimostrano tutta l’infondatezza delle mortificazioni che ha sempre subito. Billy trova in Kes un essere vivente che finalmente ascolta la sua voce, che sa corrispondere senza indugi al suo desiderio inconscio di portare a termine uno scopo. Kes diventa l’unico scopo per cui valga la pena di vivere, l’unica esperienza concreta che lui può vantare di avere veramente portata a compimento. Billy è affascinato dalla grazia di Kes, dalla bellezza dei suoi colori, dall’armonia del suo volo. In una maniera del tutto istintiva, Billy riconosce che tra lui e Kes si è instaurato un rapporto di reciproca intesa e di comune adesione alla vita. Un’intesa che si traduce in convinta fedeltà, in nome della quale il ragazzo e l’uccello sono disposti a sacrificare una quota di quella libertà assoluta che appartiene ad entrambi per vocazione caratteriale. Billy impara le caratteristiche dei falchi e Kes diventa l’oggetto di questa emancipazione esistenziale che passa attraverso lo studio. Billy si autodisciplina perchè impara a riconoscere la bellezza dentro uno scopo portato a conclusione ; Kes si lascia disciplinare perché impara a fidarsi di chi gli ha dato da mangiare. In un rapporto al naturale che naturalmente si fa simbiotico e funzionale insieme. Come quello che intercorre tra le ali e il volo, tra l’amicizia e il volersi bene, tra il cielo aperto e la voglia esaudita di libertà. Grande film, uno dei migliori di "Ken il rosso".                    

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