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Monica e il desiderio

Regia di Ingmar Bergman vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Monica e il desiderio

di berkaal
8 stelle

Il film ripropone l'eterno dilemma del rapporto tra sostanza e forma, tra soggetto e narrazione. Meglio un soggetto interessante raccontato in modo poco ispirato o uno povero narrato in modo sublime? Bergman dimostra nella fattispecie che la seconda ipotesi è decisamente preferibile, così dicasi nelle altre arti, un arrangiamento geniale e uno stile pittorico sublime possono trasformare la fuffa in oro colato.

La forma è ineccepibile: fotografia sontuosa, non solo nelle scene più significative, ma anche nelle meno appariscenti, come il treno che passa sul ponte di ferro; ottimo montaggio, opera dello stesso Bergman, che non aveva potuto avvalersi della collaborazione del suo montatore di fiducia, Oscar Rosander. La regia è notevolissima, innumerevoli le inquadrature da ricordare, l'unico errore del Maestro è cimentarsi in ciò in cui non eccelle: le scene "d'azione". Le percosse del padre alla figlia, del marito alla moglie e la scazzottata tra i due giovani sono i momenti più deboli della pellicola, Bergman non è un regista dinamico, è un regista statico: lo sguardo di Harriet Andersson che rompe la quarta parete e quello di Lars Ekborg alla fine raccontano mille storie in pochi secondi, sono quintessenza di cinema.

Un capitolo a parte meriterebbe il tema erotico: il film contribuì a diffondere l'identificazione tra la società svedese e la libertà di costumi: la nudità, per allora scandalosa, le scene delle effusioni, che furono in parte censurate perfino in Svezia, e la ottima interpretazione di Harriet Andersson, allora ventenne al momento delle riprese e in una relazione col trentaquattrenne regista che aveva già cinque figli, scioccarono il pubblico e contribuirono a promuovere la pellicola. Woody Allen, ventenne al momento dell'uscita del film negli Stati Uniti, nel 1955, corse al cinema perché nel quartiere si diceva fosse presente una scena di nudo, fu così che ebbe il primo approccio con il regista svedese. La cosa assunse risvolti demenziali, come dimostra il testo in questo manifesto promozionale: "Il Diavolo controlla questa ragazza con il radar".

E ancora: è il film più visto di Bergman negli Stati Uniti. Non fu Ingmar Bergman a scoprire Harriet Andersson, ma Sven Aage Larsen, direttore teatrale e coreografo, nel 1948, quando la ragazza era ancora sedicenne. E' il manifesto di questo film che viene strappato dal ragazzo ne "I 400 Colpi" di Truffaut.

Magistrale il non detto della scena di Harry quando scopre il tradimento di Monika. Parafrasando, si potrebbe definire "Divorzio alla svedese".

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