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L'eclisse

Regia di Michelangelo Antonioni vedi scheda film

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La recensione su L'eclisse

di OGM
10 stelle

Questo film è un omaggio al vuoto e al silenzio, in cui il dolore viene in superficie, insieme alla verità. Il frastuono strazia la vita, quando questa è fatta di niente, della sostanza evanescente dei soldi, della carta velina delle inutili apparenze. A sopravvivere, nei deserti delle frenesie cittadine, è soltanto l’amore, che appartiene comunque all’eternità, anche quando si posa su oggetti futili, oppure si accontenta di parole accennate e di insicuri sfioramenti. Occorre tacere, fuggire e negarsi alla vista per sapere se si è veramente aridi e soli, oppure la propria anima vibra ancora per le cose del mondo, e conserva in sé qualcosa da dare. Per lasciarsi non occorre darsi la mano, e per trovarsi non è necessario abbracciarsi: non serve toccarsi, per capire e per comunicare, perché l’aria che abbiamo intorno è piena delle ineffabili certezze del cuore. Per questo lo spazio non è una misura della distanza, esattamente come la luce e il buio non bastano a rendere conto del tempo. Qui e altrove, oggi e domani, si è definitivamente uniti oppure irrimediabilmente divisi, perché desiderarsi equivale ad aversi, e l’attesa di vedere e di fare, di venire o di andare, è già parte di una realtà in atto.  Come in un credo messianico, la fede del presente esaudisce già la promessa del futuro: la notte si sovrappone al giorno, come in un’eclisse di sole, e mentre le immagini ci confondono le idee, facendo combaciare il bianco e il nero, noi restiamo aggrappati a quel nostro sentimento che è indifferente ai contrasti e ai cambiamenti, perché realizza, dentro di  noi, l’assoluta perfezione dell’essere. La forza non è negli strepiti (degli agenti di cambio alla Borsa), bensì nella pace (delle strade suburbane prive di traffico), perché è nella desolazione, lontano dagli ingannevoli echi del mondo, che l’uomo si mostra per quello che intimamente vale. Michelangelo Antonioni affida alle sue scultoree, geometriche riprese dei paesaggi e della gente di periferia, il compito di testimoniare la nobile trascendenza della vita immersa nel nulla: una vita che sembra ferma e chiusa in se stessa, come un’opera d’arte astratta, un ritratto antico o una natura morta, e invece è un vasto monumento a cielo aperto, pronto ad accogliere chiunque voglia sfidare la tirannia della massa, e sentire riecheggiare, tra il suolo d’asfalto e le pareti di cemento, la voce squillante della propria unicità.

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