Espandi menu
cerca
Halloween. La resurrezione

Regia di Rick Rosenthal vedi scheda film

Recensioni

L'autore

scapigliato

scapigliato

Iscritto dall'8 dicembre 2002 Vai al suo profilo
  • Seguaci 137
  • Post 124
  • Recensioni 1361
  • Playlist 67
Mandagli un messaggio
Messaggio inviato!
Messaggio inviato!
chiudi

La recensione su Halloween. La resurrezione

di scapigliato
6 stelle

L’incipit di Halloween: Resurrection chiude i conti con la saga e riporta Laurie Strode alias Jamie Lee Curtis in scena, anche se solo per un breve saluto. Da qui, il film di Rick Rosenthal, che aveva già diretto l’ottimo secondo capitolo del 1979, cambia completamente strada e lascia “orfano” Michael Myers che può contare solo su ciò che gli è rimasto: la casa. La casa, dopotutto, è un topos classico della cultura americana, e soprattutto rivisitata all’interno di un fim horror acquista interpretazioni hooperiane e craveniane interessanti. E di craveniano insegnamento è anche il gioco metacinematografico su cui è impostato l’ottavo capitolo della serie – il settimo se escludiamo il terzo di Tommy Lee Wallace del 1982. Qui Rosenthal decide di dotare visivamente la pellicola dell’estetica reality con tutto ciò che ne consegue: angolazioni, POV, multischermo, voyeurismo etc. Viene citato L’occhio che uccide (Michael Powell, 1960), Michael Myers cita se stesso inclinando la testa mentre osserva le sue vittime o rievocando e attualizzando l’omicidio della sorella del primo epocale episodio, echi di Scream (Wes Craven, 1996) e di My Little Eye (Marc Evan, 2002), ma purtroppo una edulcorazione del terrore e del suo linguaggio che non rende onore alla figura archetipale dell’uomo nero nonostante i richiami psicologici all’ombra junghiana.

C'è una certa morbosità nel vedere a tutti i costi l'orrore, di cercarlo in tv, in internet, di aspettarlo ansiosamente nei talk show, e questa critica non è affato banale ed è resa bene nel film, anche se didascalicamente. Peccato che la figura di Michael Myers e l’immaginario a cui è legata non prevede attualizzazioni, ma solo variazioni del mito. Pregevoli infatti le rapide inquadrature di Michael nell’ombra o quando attraversa i bui corridori lasciando intravedere solo metà faccia o il coltellaccio illuminato. Purtroppo, la sovraesposizione della “maschera” e la sua continua umanizzazione – processo alla base del fiasco del dittico di Rob Zombie (2007-2009) – depotenziano il valore della maschera stessa e di tutto l’impianto orrorifico della saga.

Ti è stata utile questa recensione? Utile per Per te?

Commenta

Avatar utente

Per poter commentare occorre aver fatto login.
Se non sei ancora iscritto Registrati