Regia di Mike Flanagan vedi scheda film
Arriva dal regista feticcio di Stephen King, Mike Flanagan, una delle sorprese più belle di questo mio anno di visioni cinematografiche. Flanagan, che mai aveva realizzato film di questa qualità, si è sempre divertito a portare sul grande schermo il mondo del Re, a cominciare da "Il Gioco Di Gerald", 2017, o "Doctor Sleep", 2019, ambedue con buoni risultati, ma è stato anche autore di due ottime serie televisive come "The Haunting" e "Midnight Mass" (questa, superba). Insomma, è uno che nel paranormale/horror ci sguazza e così, sotto la produzione di King, ha ripreso un racconto breve del Maestro, "The Life Of Chuck" e ne ha realizzato un film, a tratti, indimenticabile. Un'opera divisa in tre atti, come il racconto, che parla della vita, della nostra vita, di quella degli altri, dell'importanza del tempo, delle relazioni umane e di quanto, in fondo, siamo brevi e (forse) insignificanti. Tutto questo, che è tanto, anche troppo, viene filtrato con un'amabile leggerezza, dove, dopo un'introduzione apocalittica, vede al centro del racconto una vita semplice, quella di Chuck, ma ricca di significato, di connessioni, di tristezza ma anche di gioia. Un film che riesce miracolosamente a non diventare zuccheroso, banale, stupido, e arriva dritto al cuore delle domande che (ci) pone: un miracolo che ho visto solo in "Big Fish", uno dei film più sottovalutato di Tim Burton. Come diceva Wal Whitman (e come canta Bob Dylan) "conteniamo moltitudini": il resto è un mistero più grande di noi. Vivo, bellissimo, commovente.
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