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Il tempo dei lupi

Regia di Michael Haneke vedi scheda film

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La recensione su Il tempo dei lupi

di alan smithee
7 stelle

HANEKE VOL. 8

Una famiglia composta da marito, moglie e due figli tra l’adolescenza e la pubertà, si reca nella propria casa di campagna in quella che sembra una normale gita del fine settimana.

In realtà entrando in casa, la trovano occupata da un uomo armato con la propria famiglia. Minacciandoli, l’uomo finisce per uccidere il marito della famiglia proprietaria, per poi darsi alla fuga nell’auto di costoro.

Sconvolta, la donna cerca di mettersi in salvo da freddo e da un ambiente montano ostile, mentre nello spettatore la sensazione che qualcosa di grave sia occorso all’assetto della società, diventa realtà quando veniamo informati che la carenza di viveri ha soppresso ogni regola e ogni ordinamento, e nelle città, come ormai nei luoghi isolati, regna il caos e l’anarchia.

Una sorta di catastrofe economica che riporta i sopravvissuti al baratto, alla lotta per la sopravvivenza, e alla necessità di far prevalere gli istinti di sopravvivenza sulla ragionevolezza e sulla un tempo naturale tendenza a soccorrere i più bisognosi.

Entro un panorama sempre più spettrale, la donna dovrà confrontarsi ed entrare a far parte di una congregazione di sopravvissuti, all’interno della quale assurgerà a capo chi saprà ostentare il proprio carattere dominante sugli altri, come entro un branco di lupi.

L’apocalisse sconvolge questa volta, all’interno di un film di Haneke, non più una singola comunità familiare, ma una popolazione intera, riducendo a profughi non solo chi lo era già precedentemente, ma anche gli ex padroni e dominatori di un tempo, all’interno di una situazione in cui persino l’acqua diventa oggetto di commercio, di baratto, e un bene tra i più preziosi da cui dipendere, l’elemento in capo al quale chi lo detiene, assurge immediatamente allo status di leader.

La magnifica scena finale - con un uomo di guardia che soccorre il timido e timoroso figlio della protagonista (una sofferta e, per una volta, assai poco dominante Isabelle Huppert, madre-coraggio e chioccia a difesa strenua della sua prole indifesa), nudo e pronto a gettarsi tra le fiamme per alleviare le preoccupazioni di una madre che è sempre in ansia per la sua sorte – fa presagire un tenue segnale di ottimismo, circostanza per nulla scontata all’interno del panorama fosco e senza via di scampo che devasta le esistenze dei soggetti dei suoi film.

Nel cast, particolarmente variegato di attori noti, spiccano Beatrice Dalle, il regista Patrice Chereau (suo marito nella vicenda), il belga Olivier Gourmet nel ruolo del prepotente capo branco, e la giovanissima Anais Demoustier, nel ruolo della intrepida e coraggiosa figlia della protagonista Huppert.

Il film presenta, contrariamente a molti film dell’autore austriaco, qualche scompenso nella distribuzione delle parti inerenti i vari personaggi coinvolti, ma si tratta pur sempre di una delle opere cardine del terribile e glaciale autore transalpino.

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