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E Johnny prese il fucile

Regia di Dalton Trumbo vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su E Johnny prese il fucile

di rocky85
8 stelle

Dalton Trumbo è stato un personaggio molto importante all'interno del panorama letterario e cinematografico statunitense, sceneggiatore di opere quali Joe il pirata, La sanguinaria, Vacanze romane, Spartacus, Exodus e Papillon. Membro del Partito Comunista e fervente oppositore dell’entrata in guerra degli Stati Uniti nel secondo conflitto mondiale, Trumbo pagò il suo impegno politico con l’inserimento nella lista nera del senatore McCarthy, l’allontanamento da Hollywood per alcuni anni ed addirittura una condanna a 11 mesi di carcere. Nel 1939 aveva scritto il romanzo E Johnny prese il fucile, duro e impietoso atto d’accusa contro la follia della guerra, ma il romanzo era stato ritirato dalle librerie all’indomani dell’attacco a Pearl Harbour e ripubblicato soltanto nel 1945. Nel 1971, E Johnny prese il fucile diventa un film, e ad occuparsi della regia è lo stesso Trumbo, che così esordisce dietro alla macchina da presa alla veneranda età di 66 anni.

Protagonista è il ventunenne Johnny (Timothy Bottoms), soldato americano che durante l’ultimo giorno della Prima Guerra Mondiale, viene ferito in Francia dall’esplosione di una granata. Salvato per miracolo dagli alleati, gli vengono però amputate le braccia e le gambe, e perde parte della faccia. Chiuso in una camera di ospedale, completamente deturpato, coperto da un lenzuolo dalla fronte in giù e senza la possibilità di esprimersi e di parlare, Johnny però continua a pensare, a ricordare, a sforzarsi di convincere i medici che è ancora un essere vivente e la sua volontà è quella di smettere di soffrire.

Opera antimilitarista atroce e straziante, E Johnny prese il fucile è un lucido e vibrante pamphlet contro l’insensatezza della guerra ma anche un disperato grido di dolore e di autocoscienza dell’essere umano. Trumbo adopera una scelta cromatica essenziale: utilizza il bianco e nero nelle sequenze ambientate nel presente di Johnny, a sottolineare il grigiore e l’assenza di colori di una vita ormai spezzata e che volge al termine; i ricordi, il passato ed i sogni onirici di Johnny presentano invece sequenze a colori, interpretando un periodo nel quale le speranze e le illusioni del ragazzo erano ancora vive e fervide. E Johnny prese il fucile è un’opera che condanna e che non fa sconti a nessuno: non alla follia dei generali e delle alte cariche dell’esercito, che mandano al massacro giovani vite con motivi futili e abominevoli (Johnny viene ferito mentre va a seppellire un tedesco morto, solo perché il corpo di questi emana un fetido odore all’interno della trincea alleata); non ai medici, che tengono in vita “un pezzo di carne” solo per fini scientifici e per i loro esperimenti, senza rendersi conto che in realtà quell’essere senza forma e senza parola è in realtà più umano e “pensante” di loro stessi; non alla religione ed ai prelati, che dai loro sacri altari spendono parole in favore di una “giusta e santa guerra, fatta per una lunga e durevole pace”. Molto bello e toccante è il rapporto tra il piccolo Johnny ed il padre (Jason Robards), uomo stanco e acciaccato dai fallimenti della vita, consapevole di vivere una esistenza povera e squallida. Commovente un dialogo tra i due: “Un giorno restituirai la democrazia al mondo libero” dice il vecchio uomo. “Cos’è la democrazia?” risponde il bambino. “Mah, con precisione non lo so nemmeno io. E’ come una specie di governo. Riguarda però i giovani che si uccidono tra di loro se non sbaglio”. “I vecchi non si uccidono tra di loro?” “No, i vecchi mantengono accesi i focolai nelle case”. “Perché, non potrebbero farlo i giovani?”. “Si, ma vedi, i giovani non hanno una loro casa. Ecco perché devono andare ad ammazzarsi tra di loro”. Altrettanto importante, e solo apparentemente meno riuscita, è la tematica della ricerca dell’esistenza divina, simboleggiata da un Cristo (Donald Sutherland) che appare in sogno a Johnny e ad alcuni suoi commilitoni, prima che questi si rechino allegramente verso una morte annunciata e programmata. Alla fine Johnny, immobile nel letto che è e che sarà per chi sa quanto tempo ancora la sua unica sede e abitazione, si convince che “Dio non c’è, non può esserci in un posto come questo”. Ed il suo “SOS… Aiuto!” ci risuona disperato e lancinante nelle orecchie e ci fa troppo male al cuore. Come dimenticare e ignorare la sua invocazione?

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