Regia di Lars von Trier vedi scheda film
Grace (N. Kidman), ricercata dalla polizia, trova rifugio a Dogville, un paesino solitario e lontano dalla comunità. Dapprima accolta e protetta, sarà in seguito oggetto della peggior ostilità da parte dei cittadini. La donna nasconde un segreto che li farà pentire amaramente.
Il pessimismo di Von Trier trabocca e fuoriesce ai massimi livelli nel raccontare questa gretta parabola umanista d' ipocrisia e di alienazione. Il regista concepisce il sopruso (consumato attraverso il sesso ) come strumento di comunicazione e supremazia nei confronti del prossimo. L'incapacità di voler comprendere è la veste che agghinda i cittadini di una comunità chiusa e tarata, e che trova una rappresentazione stilistica asettica attraverso un set spoglio e desolante, gelido almeno quanto gli occhi imploranti della magnifica protagonista. Un "non luogo" , un'allucinazione della mente che esiste in virtù di chi assiste a tanto scempio e non può scappare via.
"Un paziente che permette alla propria malattia di dominare":
questo è lo stato mentale di Grace, quasi rassegnata a soccombere al male. Una vittima sacrificale sulla quale vengono sfogate le colpe di una comunità farisaica che merita il peggio. Neanche il bianco ed il candore della neve possono purificare l'anima di Dogville, il perdono non si concede perché significa dover condannare se stessi.
Grace è la coscienza che punta il dito, è l'intonaco che si rompe mandando in pezzi l' umanità ammalorata, è un angelo vendicatore che castiga a morte senza possibilità d'appello. E allora brucia fuoco, che le tue fiamme avvolgano e divorino ogni cosa, come obbedendo a un silenzioso vudù ordinato da un angelo divenuto diavolo.
Il cinema del regista danese desta più di una perplessità . Prolisso e un po' pesante, Dogville è un film presuntuoso ma veritiero, necessario per comprendere le dinamiche che sono il " diktat" del nostro mondo, luogo ahi noi molto peggiore del paesino immaginario concepito dalla mente del regista.
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