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Dogville

Regia di Lars von Trier vedi scheda film

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La recensione su Dogville

di giancarlo visitilli
6 stelle

La truffa danese sul palcoscenico della cittadina di Dogville. La fuga di una donna. L’arrivo a Dogville, un posto da cani: il sospetto della prima accoglienza. Grace (ancora una Nicole Kidman da urlo) è prima adottata, poi sfruttata, violentata, ingannata. In cambio della propria salvezza Grace metterà a disposizione delle otto famiglie di Dogville il suo servizio, la sua presenza e, alla fine, tutta se stessa. Ma c’è un problema nella città fra le Montagne Rocciose: l’accettazione.
Questo è Dogville, il nuovo film di Lars von Trier. Quella nelle sale italiane è una versione ridotta del film, di 45 minuti rispetto ai 178 presentati al festival di Cannes 2003.
Provocatorio, simbolico e ossessivo fino all’avversione, tutto qui rimanda a qualcos'altro: dall’istanza estetica, fondata sulla cinefilia (modello ultimo Bertolucci): Coppola, Bergman, Kubrick, Cassavetes, alla musica ispirata dal genio di Kurt Weill dell’Opera da Tre soldi di Brecht, ma anche Ibsen e Chandler. A ciò si aggiunga la messa in scena teatrale e nauseabonda su un set che è un non-set e una macchina da presa (lo stesso regista come operatore) che taglia primi piani instabili, che si fa beffa di Hollywood. Infatti, in Dogville non c’è cinema. O meglio c’è il “cinema fusionale”, come lo chiama lo stesso regista: un cinema che è fatto di sé stesso, con l’aggiunta del teatro e di letteratura. Un cinema che, comunque, reclama ancora la sua esistenza. Il cinema, in questo film che dura tre ore, è concentrato solo nei titoli di coda: le fotografie in bianco e nero, ingiallite e sporche. L’immagine dell’America felice e miserabile, franca e ipocrita.
Tuttavia, a nessuno è dato sapere nulla. Tutto ciò che si sa è perché vi è l’immaginazione. La città di Dogville, sulle Rocky Mountains, è una città-fantasma. Sappiamo dell'esistenza delle case o delle strade solo perchè Von Trier ne ha tracciato i confini, alla stessa maniera dei cadaveri e del cane, dei quali vediamo solo la traccia che demarca la loro esistenza (vuota) in uno spazio (vuoto). La città è percorsa dalla via principale “Elm Street” (come in Nightmare), anche se lì non c’è mai stato un olmo. Così dicono. E allora immagina case, porte e muri, finestre e… Costruisci nella tua mente un film, sul modello americano (cioè sul nulla, direbbe von Trier). Perché questo interessa al regista della Palma d’Oro per il bel Dancer in the dark (2000): mostrare i vizi dell’umanità, smascherare il falso perbenismo che tiene insieme gli uomini. Tutto lo si fa e lo si vive per altri interessi, per soldi. Ricchi e poveri, schiavi e liberi, poliziotti e criminali. Tanto ci sarà un giorno in cui per tutti il giudizio arriverà nella “casa dell’ammissione” . E’ la legge della con-vivenza, che vige a Dogville. La stessa legge dell’America, ma ormai anche dell’Europa e quindi dell’Italia. Dei paesi cosiddetti “moderni”: la legge che ti elimina e ti annulla, se non sei desiderato. Se sei straniero.
Giancarlo Visitilli


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