Espandi menu
cerca
Dogville

Regia di Lars von Trier vedi scheda film

Recensioni

L'autore

Rosebud77

Rosebud77

Iscritto dal 14 maggio 2002 Vai al suo profilo
  • Seguaci 1
  • Post -
  • Recensioni 151
  • Playlist 2
Mandagli un messaggio
Messaggio inviato!
Messaggio inviato!
chiudi

La recensione su Dogville

di Rosebud77
4 stelle

La “città dei cani” che durante la Depressione accoglie la fuggitiva Grace (Nicole Kidman) inseguita dai gangsters si trova alle pendici delle Montagne Rocciose. E’ piccola, provinciale, apparentemente placida e gentile e a base democratica. La comunità accetta dapprima di nasconderla, poi si rende conto del pericolo e in cambio le chiede di lavorare come una schiava, umiliandola, e infine ripudiandola. E dato che Lars Von Trier ama le sue eroine, farà in modo che la fragile Kidman si vendichi a dovere, armata di un segreto non meno potente della spada della Thurman. E a salvarsi sarà solo un cane.
Il regista danese, sbandieratore di purezza di stile col suo “Dogma”, produttore di “porno d’autore” e creatore di nuovi adepti, ha da tempo spaventato i critici di mezzo mondo, timorosi più del pubblico di non reggere il gioco delle sue scaltre provocazioni, ma stavolta gioca col suo sperimentalismo a carte troppo scoperte. Per lasciare il segno del genio era già sufficiente l’idea di ambientare l’intero film in un teatro di posa rinunciando a qualsiasi elemento scenografico, con edifici, strade, siepi, panchine disegnate col gesso per terra come su una mappa (vedere un’attrice bussare su una porta inesistente e sentirne il “toc-toc” fa sorridere, ma anche riflettere sulla indefettibilità del cinema come arte). Poi Von Trier prende l’attrice del momento, le mette una catena al collo, la fa stuprare, picchiare, quasi eclissare, e ci litiga a morte (a Cannes, durante la proiezione, la Kidman, offesa dalle sequenze da lei stessa girate, ha abbandonato la sala); ragiona sui peccati d’animo dell’umanità come un Messia, divide il film in capitoletti come una parabola e bacchetta potere, tolleranza e barbarie dei forti contro i deboli.
Che Von Trier ce l’abbia con l’America si era capito quando, accusato dagli americani di aver ambientato Dancer in The Dark negli Stati Uniti senza esserci mai stato, rispose che anche loro avevano realizzato Casablanca senza esserci mai stati. Arguto. Ma scagliarsi con sarcastica ferocia su un pubblico incolpevole dei suoi ricatti morali, scorciare di 40 minuti il film (a Cannes durava tre ore) e montare “Young Americans” di David Bowie su titoli di coda con foto raccapriccianti è un atto troppo infantile e contraddittorio. Il cinema è una cosa seria, Von Trier è un bambino viziato. Ha addirittura annunciato una intera trilogia against-America. Per chi ci casca, però, Dogville può essere un gelido attacco allo stomaco dei benpensanti. Intellettuali e non.

Ti è stata utile questa recensione? Utile per Per te?

Commenta

Avatar utente

Per poter commentare occorre aver fatto login.
Se non sei ancora iscritto Registrati