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Il trono di sangue

Regia di Akira Kurosawa vedi scheda film

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La recensione su Il trono di sangue

di port cros
10 stelle

Il Trono di Sangue (o, meglio, il Castello del Ragno) capolavoro del grandissimo Akira Kurosawa, si ispira al Macbeth di Shakespeare trasponendolo nel Giappone del XVI secolo, tra le lotte per il potere dei signori della guerra feudali, e rappresentandolo utilizzando le convenzioni del teatro tradizionale nipponico.

 

 

I nobili guerrieri Washizu e Miki sono chiamati al Castello del Ragno per ricevere la ricompensa dal loro Signore per aver ricacciato gli eserciti nemici; mentre attraversano la fitta foresta che circonda e protegge il castello del Signore si imbattono in uno spirito che fa loro una (apparentemente fausta) profezia, che in realtà rappresenta ciò che è in fondo al cuore degli uomini, dove essi stessi hanno paura di guardare. La profezia dello spirito è la vera protagonista e motore del film: dal momento della sua rivelazione essa tenderà inesorabilmente ad autoavverarsi, spingendo Washizu (interpretato dall'attore-feticcio del regista, Toshiro Mifune) a compiere mosse, basate sulla paura, sulla sfiducia e sulla sete di potere, che condurranno a innumerevoli tragedie.

 

 

La riflessione negativa sull'animo umano è elemento conduttore della pellicola ed il personaggio che più compiutamente la incarna è certamente la diabolica moglie di Washizu, Asaji, che istiga il marito a compiere le azioni più abbiette per perseguire la sua folle ambizione, utilizzando abilmente la profezia per suscitare nel marito la sfiducia e la paura nei confronti dei suoi alleati e del suo Signore e spingerlo così ad una dissennata scalata al potere, mascherata da necessità difensive, che non potrà che condurre tutti alla rovina. Il grande guerrierro Washizu si dimostra debole nei confronti della determinazione della moglie, e talmente pauroso da essere disposto a tradire tutti i suoi ideali per fugare i timori che la donna abilmente gli instilla nella mente. L'interpretazione di Mifune sopra le righe, con continue smorfie e movimenti esasperati, non potrebbe essere in maggiore contrasto con l'astrattezza e l'immobilità dell'attrice che interpreta Asaji, che pare una statua.

 

 

Dal punto di vista registico il film è semplicemente meraviglioso, non c'è una scena che non lasci a bocca aperta, fin proprio dall'inizio con le suggestive immagini della desolata radura avvolta dalla nebbia, passando poi a quelle magiche nella foresta incantata (la cavalcata ripresa attraverso i rami!) con l'incontro inquietante con lo spirito, alle grandi scene di battaglia, poi la figura di Asaji che emerge dalle tenebre nella sua statuaria rigidità accompagnata dal costante fruscio del suo kimono, l'incredibile “foresta in movimento” immersa nella onnipresente nebbia, fino alla stupefacente sequenza di Washizu inseguito da nuguli di frecce.

 

 

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