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The Ring

Regia di Hideo Nakata vedi scheda film

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Stefano L

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La recensione su The Ring

di Stefano L
7 stelle

Risultati immagini per ringu 1998

 

In Giappone, “Ringu”, nel 1998, diventò subito un cult. Ispirato al romanzo "Ring" (1991) di Koji Suzuki, il racconto non era altro che una classica ghost-story sviluppata su richiamo delle più macabre leggende folcloristiche del Sud Est Asiatico; all’epoca dell’uscita il libro ebbe solo un riscontro moderato. La fonte letteraria però era valida per la realizzazione di un horror autentico e conturbante; ad accorgersene fu il regista Hideo Nakata, in quel periodo solo esordiente: il soggetto seguiva vari livelli di narrazione, in cui venivano messi in gioco diversi spunti di ponderazione paranormale/metafisica quali la fotocinesi e le capacità extrasensoriali. Nella storia che si dipana attorno a quel video maledetto che semina morte, i personaggi mostrano quell'intuito un po' ambiguo che si rivela necessario per la risoluzione degli enigmi sui numerosi omicidi avvenuti negli ultimi mesi tra i teenagers della periferia di Tokyo. Il giallo si infittisce quando si constata che l’origine del calvario era una bambina misteriosa (Sadako), la quale trent’anni prima seminò il terrore tra gli abitanti dell'isola di Izu Oshima, in quanto capace di assassinare i malcapitati tramite una forza letale che veniva manifestata dal suo inconscio. Su questo piano del plot Nakata avvolge gli intrecci nell’incertezza, non dando troppe decifrazioni, e soffermandosi alla marginalità dei fatti remoti. In tale frangente fa uso, non a caso, di una fotografia retrò particolarmente evocativa e caliginosa, la quale rende perfettamente un senso di oscurità nei disumani episodi pertinenti all’infanzia di Sadako. La sua caratterizzazione sottile e terrificante agli occhi dello spettatore (i lunghi capelli neri che ne coprivano il volto, l’abito bianco spettrale), le danno un appeal ripugnante ed incalcolabile che rimane nella memoria del pubblico come sinonimo di materializzazione di un male temibile ed ignoto. Da notare che per la sua andatura estranea e spaventosa, in fase di montaggio ne è stata invertita la ripresa per renderne la presenza ancora più minacciosa e ostile. Un minimalismo tutto orientale in cui l’idea di “decesso per raccapriccio visivo” che sta alla base del film viene deperita da performance parossistiche non sempre convincenti di Hiroyuki Sanada e Nanako Matsushima (comunque abbastanza efficaci). E sebbene vi siano anche diversi cali di ritmo "Ringu" colpisce nondimeno per l’uso degli effetti sonori di Kenji Kawai: Nakata, pur preferendo una messa in scena silenziosa, li inserisce in determinati punti al fine di prendere veramente alla sprovvista, per di più con degli sbalzi di volume piuttosto bizzarri; "Ringu", quindi, non è da considerarsi un capolavoro, ma è innegabile che sia stato l’effettivo promotore di un nuovo modo di gestire la suspense sul grande schermo senza versare una sola goccia di sangue.

 

 

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