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La finestra di fronte

Regia di Ferzan Özpetek vedi scheda film

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La recensione su La finestra di fronte

di FilmTv Rivista
6 stelle

Giovanna è una contabile in una azienda che confeziona polli e Lorenzo è un impiegato di banca che sta per essere promosso direttore di un’agenzia. Il loro lavoro è fare i conti (anche se non li vedremo mai alle prese con i numeri, i bilanci, i calcoli) e abitano, uno di fronte all’altro, separati da una strada e resi vicini da una finestra che è uno schermo trasparente. Tra loro esiste, senza che nessuno dei due sappia molto dell’altro, un’intimità rubata e immaginata. Giovanna (una Mezzogiorno trepidante ) è sposata con Filippo (Nigro), ha due figli, e si rilassa soltanto quando prepara i dolci per un pub. Lorenzo (Bova) non ha una vita privata o almeno sembra non averla guardandolo da quella finestra che è il limite, il valico, il dosso che mostra e nasconde il mistero chiuso in ogni vita. Quel segreto di chi ignora molto di se stesso e degli altri e che è l’oggetto sommerso di tutti i film di Ferzan Ozpetek. Un regista di singolare sensibilità. Narratore di ”vite standard“, esteta della normalità e cesellatore di un realismo sentimentale molto coinvolgente, cineasta rapito dai piccoli gesti e dalle grandi parole d’amore, dalla densità dei giorni e dall’inafferrabilità degli anni passati, dalle fragilità e da quegli incontri che, all’improvviso, arricchiscono, aprono, dilatano la vita dei suoi personaggi. Lorenzo e Giovanna avranno il loro breve interludio irrisolto e tenteranno, imbarazzati ed insicuri, di fare altri conti, quelli con la propria esistenza e con qualcosa che sia superiore alla semplice sopravvivenza emotiva, quando apparirà un uomo (un magnifico e commovente Massimo Girotti nel suo ultimo ruolo) arrivato da un’altra Storia, da un’altra epoca, dal ghetto romano rastrellato dai nazisti nel 1943 (da apprezzare il pudore nella messa in scena). Un ”vecchio“ depresso, delirante, maestro nell’arte della pasticceria, svuotato dal tempo perduto e da un amore infelice. Di quel tempo restano le voci, le lacrime, i sussurri, le melodie di una festa da ballo, gli sguardi, i sensi di colpa, una lettera mai spedita. Le amnesie, la smemoratezza, le rughe dell’anima di Davide insegnano a Giovanna che i vuoti della memoria danneggiano e assopiscono i desideri e le emozioni e quel che resta della vita appartiene a noi e a tutti quelli che non ci sono più e che continuano ad essere presenti nelle nostre azioni, nelle nostre paure, nelle nostre attese, nelle nostre parole, nei nostri fantasmi.

 

Recensione pubblicata su FilmTV numero 10 del 2003

Autore: Enrico Magrelli

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