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The Ring

Regia di Gore Verbinski vedi scheda film

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La recensione su The Ring

di OGM
8 stelle

Paranormale, maledizione, follia: in questo remake americano del Ringu giapponese ci sono tutti gli ingredienti dell’enigma psicologico, del mistero insito nelle incontrollabili forze dell’anima. Questo film sviluppa, intorno all’idea fondante dell’opera a cui si ispira, tutto il gioco romanzesco dell’orrore, che usa l’elemento fantascientifico come catalizzatore dei sentimenti. Il tema dell’infanzia dannata, della nuova vita che si rivela una promessa di morte, è l’incubo infernale che trasforma l’amore materno in una disperata ossessione: quella che accomuna, in maniera antitetica, e a decenni di distanza, Anna nei confronti della figlia Samara e Rachel nei confronti del piccolo Aidan. La prima delle due donne ricerca accanitamente la maternità, e poi la sacrifica ad un diabolico istinto distruttore; la seconda invece, indaga, con cocente passione e acutissimo intuito, per salvare la vita del bambino minacciato da un funesto destino. Il mostro da combattere, in entrambi i casi, è un potere malefico, che è onnipresente e non dorme mai. Ovunque ci si trovi, è impossibile sfuggirgli, perché si irradia attraverso lo spazio e il tempo come le onde elettromagnetiche delle telecomunicazioni, quelle che – come viene affermato nella scena d’apertura - continuamente scuotono le molecole del nostro cervello rendendole instabili. La globalizzazione mediatica – significativamente rappresentata, in questa storia, dalla sinergica interazione tra televisione e telefono – è un’energia che si sprigiona dai circuiti di telecamere, antenne, cavi, nastri magnetici e teleschermi, ed aggredisce direttamente la materia viva: per caderne vittima, basta, semplicemente, cedere alla curiosità e mettersi a guardare le immagini che essa produce. Il video assassino inciso su cassetta non è il filmato di un reporter, né la creazione di un artista: non è più l’espressione  di una sensibilità, di una percezione, di un gusto, ed ha di fatto perso ogni connotazione umana, per diventare l’effetto meccanico di un sistema di impulsi elettrici vaganti, del caos dei segnali teletrasmessi, divenuti ormai densi e incontrollabili come gli agenti atmosferici. Ad uccidere, in questo film, sono le intemperie artificiali seminate nel cosmo dai tanti apparecchi che incessantemente utilizziamo come innaturali amplificatori delle nostre voci, delle nostre volontà, delle nostre personali verità: uno sciamante brusio che finisce, fatalmente, per organizzarsi in un progetto letale e imperscrutabile, ed annientare, per folgorazione, la nostra capacità di comprendere.  

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