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Io non ho paura

Regia di Gabriele Salvatores vedi scheda film

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La recensione su Io non ho paura

di degoffro
8 stelle

Dopo una serie di film sperimentali, coraggiosi ma non proprio riuscitissimi ("Nirvana" e "Denti" su tutti), Gabriele Salvatores, partendo da un bel romanzo di Niccolò Ammaniti realizza la sua opera migliore, compatta, appassionante e molto coinvolgente, dove il contesto sociale, da sempre punto di forza di tanto cinema italiano impegnato si coniuga molto bene e con grande intelligenza con i ritmi e la tensione del puro thriller. Una favola moderna con tocchi quasi horror (un piedino che si vede sotto una coperta, l'apparizione improvvisa nel buio di Filippo, bimbo del nord Italia, rapito e incatenato, imprigionato in un pozzo lurido e profondo, ormai quasi accecato, a forza di vivere nell'oscurità, il guardiano dei maiali brutto, sporco e cattivo) in cui due ragazzini sono alle prese con il mondo violento e disinteressato degli adulti. I bambini ancora ci guardano e non riescono a capirci (come dice il piccolo Michele al papà quando gli chiede spiegazioni sul perché di certe azioni e l'uomo ovviamente non sa dargli una vera risposta o spiegazione). Salvatores ha il grande merito di mettersi all'altezza di bambini, di osservare il mondo con il loro sguardo, la loro innocenza e purezza, di trasmettere allo spettatore la loro semplicità e ingenuità, ma anche la loro sincerità, trasparenza e allegria, la loro curiosità per tutto ciò che è mistero o novità, il loro desiderio di avere sempre risposte, la passione per il gioco, la corsa, la vita all'aria aperta (soprattutto durante un'estate caldissima di fine anni settanta nel sud Italia, in una natura quasi incontaminata e assoluta), il piacere disinteressato e la gioia autentica di conoscere e fare nuove amicizie (molto bello, realistico e delicato è il modo in cui viene descritto il rapporto che progressivamente nasce tra Michele e Filippo), la difficoltà, la fragilità o la paura di mantenere i segreti (una macchinina o un giro in auto per uno stesso segreto), il coraggio di osare quello che noi adulti non saremmo mai in grado di fare (Michele ha la forza e la capacità di sacrificare la piccola mancia giornaliera per comprare a Filippo del pane, ogni giorno lo va a trovare dandogli da bere e facendogli compagnia, addirittura lo porta fuori da quel pozzo maledetto per fargli nuovamente respirare l'aria aperta, fargli rivedere il sole, la luce, ma soprattutto regalargli una giornata da bambino come tutti gli altri; senza poi dimenticare il bellissimo ed intenso finale, quando i ruoli dei ragazzini sembrano quasi invertiti: fino ad allora era stato Michele a fare da angelo custode a Filippo, nell'ultima sequenza è il piccolo rapito, e la veste bianca che ha indosso fa davvero pensare quasi ad un angelo o forse ad un fantasma, visto quello che ha passato, che tende la mano al suo salvatore e amico di tanti giorni di sventura e sofferenza). E gli adulti? Sono tutti mostri insensibili, orchi sporchi e maneschi, complici omertosi, falsi, corrotti, violenti e vigliacchi, avidi ed irritabili, bravi a versare poi le classiche lacrime di coccodrillo (vedi i genitori di Michele), ma incapaci prima di dare a ogni bambino quello che realmente cerca: affetto, aiuto, amore e tenerezza. Nessuno si salva e nessuno merita comprensione: le uniche vittime sono sempre e solo i bambini costretti a vivere in un mondo ipocrita e violento nel quale e del quale sarà sempre più difficile, una volta divenuti grandi e consapevoli, non avere paura.
Voto. 7 e mezzo

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