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Il ladro di orchidee

Regia di Spike Jonze vedi scheda film

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La recensione su Il ladro di orchidee

di Kurtisonic
4 stelle

“Tu sei ciò che ami, non ciò che ama te” Spike Jonze troppo innamorato di Essere John Malkovich e di tutti i suoi componenti riparte dalle ceneri del suo fortunato esordio e tre anni dopo realizza “essere Charlie Kaufman” fino ad allora il suo sceneggiatore e alter ego. Se l’opera prima era una riflessione metacinematografica ma contenuta sull’asse psicanalitico che unisce personaggio e interprete, vissuto reale e immedesimazione scenica, condensando con abilità, ritmo narrativo e punti di vista, nel successivo Il ladro di orchidee, il duo Jonze-Kaufman moltiplica l’avvincente congegno fino a rischiare di ridurlo a puro espediente meccanico sull’orlo della crisi di nervi. La creatività, l’inventiva brillante, la ridondanza sensoriale sono senza dubbio garantite, ma il debordante infittirsi dei piani di lettura e delle sovrapposizioni di ritorno che il  film genera ad un certo punto non fanno più progredire lo sviluppo tematico della vicenda, lentamente la storia si riduce, si ridimensiona verso soluzioni più consuete e sperimentate. Allo sceneggiatore in crisi creativa Charlie, interpretato da Nicholas Cage, viene affidata l’adattamento cinematografico di un libro, Il ladro di orchidee, che è un romanzo e reportage della scrittrice Susan Orlean (Meryl Streep) alle prese con un bizzarro cercatore di piante rare, fra le quali la leggendaria orchidea fantasma. Il tema del doppio, dello specchio del sé, dell’ideazione e dell’evoluzione del processo artistico che si misura e si scontra con la realtà diventano affezioni che connotano ogni elemento dl film. Charlie insicuro e dubbioso delle sue capacità si confronta con il suo gemello Donald che fa lo stesso lavoro sfruttando però prerogative molto più banali seguendo gli schemi dello spettacolo della comunicazione di massa, la sobria scrittrice dall’aplomb vittoriano in stile Karen Blixen è attirata dalla tipologia scanzonata di John Laroche, il cercatore di piante, che può liberarla dalle sue inibizioni ma è anche un millantatore nevrastenico e meschino disposto a tutto per sopravvivere. I personaggi nelle loro debolezze si rispecchiano in misura diversa negli altri protagonisti, in un gioco di immedesimazione che vuole indurre ad un’analisi e a una riflessione sulla qualità della vita e della ricerca di un suo senso. Purtroppo manca di quel realismo da strada che lo stesso processo analitico coinvolgeva i protagonisti di Essere John Malkovich, quella fascinazione improvvisata e straniante che poneva in una dimensione completamente diversa da sé chiunque lo desiderasse, mentre qui la struttura che riguarda un circolo più chiuso di persone abbastanza simili per condizione sociale e ambienti di provenienza rendono un po’ troppo confezionato e stagnante l’idea di partenza. Il film diventa il libro stesso mentre la sceneggiatura di Charlie avanza fra salti temporali e filologici, riesce anche a diventare avvincente nel finale da vero entertainment movie che provocatoriamente vorrebbe suscitare ulteriori elementi di riflessione, tuttavia lambisce l’implosione se non del suo valore estetico almeno di quello ideologico. Forse l’accoppiata Jonze Kaufman dimostra il suo punto d’arrivo, dove lo scontro fra immagini, creatività e concettualità non cede di un passo di fronte ad un meccanismo che potrebbe essere forse meno perfetto ma più libero. 

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