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Il fiore del male

Regia di Claude Chabrol vedi scheda film

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La recensione su Il fiore del male

di LorCio
10 stelle

I fiori del male era una raccolta di poesie del maledetto Charles Baudelaire e solo il più perfido osservatore della borghesia francese poteva girare un film così, prendendo in prestito quel titolo tanto evocativo quanto affascinante. Claude Chabrol sa di cosa parla e ci sguazza in questo mondo in cui l’ipocrisia ha preso il posto della sincerità con una disinvoltura di cui non ci stupiamo più minimamente.

 

Al centro della storia c’è una famiglia particolare con più di un’ombra: Anne ha sposato il cognato Gerard dopo la morte improvvisa dei rispettivi coniugi; i loro due figli si amano da sempre; e la vecchina zia Line è stata assolta all’inizio degli anni cinquanta dall’accusa dell’omicidio del padre. Ora Anne si è candidata a sindaco di Bordeaux contro il volere dell’infedele e spudorato Gerard e una lettera pervenuta in casa Charpin-Vasseur getta nello scompiglio l’anomalo gruppo di famiglia. Sviluppo inatteso, epilogo agghiacciante.

 

Chabrol ha un bel dire nel rappresentare questo ritratto di borghesia in nero che più nero non si può con i crismi della commedia e della tragedia fusi in un’unica ricetta infallibile. Il fiore del male è la famiglia maledetta degli Charpin-Vasseur, seminatrice di dolore e di morte (non è un caso che si alimenti solo di se stessa e sia praticamente immersa nella solitudine, e che intrecci relazioni soltanto con persone utili), retaggio incapace di cedere il passo al futuro perché il male si eredita, specialmente nelle famiglie. Così come la colpa, la cui ereditarietà è un concetto da cui non ci si può distaccare. E il tempo, che non esiste, perché viviamo in un unico presente perpetuo.

 

Claustrofobicamente geniale nella sua essenzialità, il film raggiunge delle vette che entrano di diritto nella ricca antologia chabroliana, dalla visita alle case popolari della cinica candidata Anne agli occhi che hanno visto troppe cose di zia Line. Altro non si deve dire, pena la perdita della necessaria suspence che Chabrol diffonde a piene mani con arguta classe. Grande cast che con i giovani e belli Benoit Magimel e Melanie Doutey e i maturi ed ipocriti Nathalie Baye e Bernard LeCoq, ma la perla è le clamorosa rentrée di Suzanne Flon in un ruolo indimenticabile.

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