Regia di Sean Baker vedi scheda film
Anora (Madison) è una escort di origini uzbeke che esercita a New York in un locale per uomini facoltosi. Tra questi, un giorno le capita di incontrare il giovane rampollo di una ricchissima famiglia russa (Eydelshteyn), costantemente incline allo sballo, ai videogiochi e a dilapidare il patrimonio di papà. Alla serie di divertimenti si aggiunge un improvvisato matrimonio a Las Vegas proprio con Anora, alla quale non pare vero di riuscire a fare una scalata sociale tanto rapida e di potersi trasferire in una casa da sogno. Ma papà e mamma non vogliono saperne di quel matrimonio che disonorerebbe la famiglia. Così mandano i loro scherani dal bamboccione, per riportarlo alla ragione. Ma il ragazzo, nel frattempo, è sparito…
È vero che la vocazione woke dell'Academy fa sì che non si neghi un premio a nessuno, specie se si tratta di chiamare in causa immigrati e poveracci da blandire con pelosa misericordia. Ma quello che più stupisce del film di Sean Baker - una sorta di bricolage tra Pretty Woman, tentazioni tarantiniane e Fuori orario - è il carattere insipido dell'intera operazione. Il tentativo di raccontare la generazione perduta della crisi post 2008 si traduce infatti in un aggiornamento favolistico a questa Cenerentola 3.0 che pare un'arrampicatrice sociale senza scrupoli: primo di una galleria di personaggi abominevoli che sembrano gareggiare per sguaiataggine e a chi emette urla a maggior numero di decibel. Il finale - telefonatissimo quanto deludente - corona un film inspiegabilmente ricoperto di allori: prima la Palma d'oro a Cannes, poi le cinque statuette a Hollywood. Bah…
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