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Tutta colpa dell'amore

Regia di Andy Tennant vedi scheda film

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La recensione su Tutta colpa dell'amore

di degoffro
4 stelle

Il regista Andy Tennant deve amare particolarmente la favola di Cenerentola, visto che la propina al pubblico in tutte le salse. E così se “La leggenda di un amore – Cinderella” con Drew Barrymoore e Anjelica Huston ne era una rilettura originale e spigliata, mentre “Anna and the King” con Jodie Foster e Chow Yun Fat una rivisitazione in chiave orientale-storica, questo “Tutta colpa dell’amore” è la versione americana e laccata della favola di Charles Perrault. In questo caso Cenerentola è una ragazza affermata che conquista il cuore del principe azzurro, figlio del più importante cittadino di New York, a cui ovviamente nasconde le proprie umili origini. Commediola di inaspettato successo negli States (oltre 130 milioni di dollari) dove la protagonista, la bionda Reese Whiterspoon, grazie al successo de “La rivincita delle bionde” è un’autentica star, “Sweet Home Alabama”, (meglio citare il titolo originale, piuttosto che quello italiano, mediocre e davvero senza fantasia, come del resto il film) uscito in Italia nel Natale del 2002, quindi in un periodo propizio per gli incassi, è passato quasi completamente sotto silenzio. Troppo americano nei suoi continui riferimenti al contrasto tra il frenetico Nord ed il pacifico Sud, campagna e metropoli, ricchi e poveri, infantile e stereotipato nella struttura narrativa, pieno zeppo di luoghi comuni riproposti in modo stanco, fiacco e monotono, senza un minimo di fantasia o brillantezza. Gli attori inoltre sono molto insipidi, specie i due maschietti, la Whiterspoon spesso insopportabile, molte sequenze davvero brutte (il primo incontro tra Melanie e il suo ex marito, la scenata al biliardo con Melanie completamente ubriaca che si lascia andare a dichiarazioni imbarazzanti), gli equivoci ben più che telefonati (la visita dell'inviato del sindaco alla presunta fattoria di Melanie), il patetico e/o lacrimevole dilagante oltre misura (la sequenza sulla tomba del cane), Candice Bergen nei panni del sindaco completamente sprecata, Mary Kay Place (era la ragazza single che ne “Il grande freddo” desiderava tanto avere un figlio) e Fred Ward (ormai abituato a fare il padre di ragazze in fuga dopo la Jennifer Lopez di “Via dall’incubo”) incolori e adagiati al livello bassissimo dell’operazione (anche loro devono pur guadagnare qualcosa), i caratteri innocui e/o elementari (la madre che spera per la figlia quel futuro di successo e fortuna che lei non ha potuto avere, o un'altra madre che vorrebbe per il figlio una fidanzata dell'alta società) quando non fastidiose macchiette (l’immancabile gay questa volte di colore e il gay dal cuore d’oro che ha tenuto sempre nascosto a tutti la sua natura), alcuni sviluppi al di là del favolistico (la serena e pacifica tranquillità con cui il promesso sposo accetta di buon grado l’abbandono della futura moglie praticamente sull’altare è quanto meno irreale e rende ancora più bamboccio il suo personaggio), la struttura circolare un espediente ormai troppo abusato (si inizia su una spiaggia con un forte temporale e due ragazzini che si baciano e si finisce sulla stessa spiaggia ed ancora un temporale con i due ragazzini ormai cresciuti che ovviamente si ribaciano, questa volta molto più consapevoli), le gag inesistenti (a meno che si dovrebbe ridere per una poltrona che catapulta l'ignaro che ci si siede sopra), il divertimento prossimo allo zero, la noia ed il prevedibile all'ennesima potenza. Non che da una commedia romantica ci si aspettino grandi sorprese o particolari intuizioni, ma fondamentali sono sia come si riesce a giungere all’inevitabile ed atteso lieto fine sia la necessaria alchimia, quasi magica, che si dovrebbe creare tra gli attori. In “Tutta colpa dell’amore” siamo tremendamente carenti su entrambi i fronti e l’unica cosa simpatica e divertente che resta nella memoria è la rievocazione nostalgica della guerra civile, segno evidente di un passato non ancora del tutto superato (speriamo peraltro che il regista non abbia voluto fare inutili parallelismi tra la vicenda personale di Melanie e quella collettiva del sud degli States), oltre alla curiosità di scoprire quali meraviglie si possano creare con la sabbia colpita dai fulmini. "Avevo voglia di raccontare una storia in cui la protagonista si trovasse a dover scegliere tra l’uomo ideale e l’uomo giusto" spiega Andy Tennant. "Che ti piaccia o no, c’è una persona fatta apposta per te! Puoi cercare di costruire il tuo destino ma l’amore ti raggiungerà" afferma il regista: un’intuizione davvero geniale su cui valeva proprio la pena di riflettere con questa favola così nuova ed originale! E se come ha affermato la produzione l’obiettivo principale era quello di creare un finale sorprendente e del tutto inatteso per una commedia romantica, sfido chiunque ad immaginare una soluzione diversa da quella che si vede sullo schermo, peraltro malamente anticipata anche dalla locandina italiana del film dove si legge “Certe volte quello che cercate è proprio dove lo avete lasciato!”. La confezione al solito è di lusso (la sequenza dell'anello di fidanzamento è stata realmente girata da Tiffany, ma ogni riferimento al classico di Edwards è da evitare) ma la sensazione è di completa inutilità e l’odore che si respira è quello, certo non piacevole, di muffa, lievemente alleggerito dalla gradevole morale sintetizzata dalla sola battuta riuscita del film: “Non puoi cavalcare due cavalli con un culo solo”.
Voto: 4

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