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In girum imus nocte et consumimur igni

Regia di Guy Debord vedi scheda film

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La recensione su In girum imus nocte et consumimur igni

di OGM
8 stelle

Un film-saggio che utilizza la tecnica visiva del "détournement" già impiegata da Debord in "La société du spectacle". Una sorta di diario personale dell'autore, idealmente diviso in tre parti, in cui egli, nell'ordine, presenta le ragioni storiche e sociali della sua battaglia intellettuale, ne descrive, con nostalgia, l'atmosfera e le circostanze nella Parigi della sua giovinezza, e, infine,
ne trae un bilancio, un po' incerto, ma sincero ed aperto verso il futuro.
Il titolo è un verso latino che compare nell’opera del poeta latino Terenziano Mauro, e che si legge indifferentemente da sinistra verso destra o viceversa. Il regista ne giustifica la scelta con queste parole: "Ma nulla esprimeva questo presente senza uscita e senza riposo quanto l'antica frase che ritorna integralmente su se stessa, essendo costruita lettera per lettera come un labirinto da cui non si può uscire, di modo che essa accorda così perfettamente la forma e il contenuto della perdizione: noi giriamo in tondo nella notte e siamo divorati dal fuoco."
Il riferimento è al ceto medio degli anni settanta, sacrificato negli spazi angusti dell'urbanizzazione selvaggia, e schiavo della società dei consumi, che ne condiziona la quotidianità senza garantirgli né un vero benessere economico, né una vita familiare felice, né la possibilità di godersi appieno il tempo libero. Guy Debord lancia un appello agli spettatori affinché attuino la vera rivoluzione, che non è da intendersi in chiave marxista, come ridistribuzione dei beni materiali e rovesciamento dei poteri politici da parte delle masse, ma come riconquista, da parte di ciascuno, della propria coscienza individuale, prerequisito indispensabile per ristabilire un rapporto sano e non distorto con la realtà e riprendere, quindi, una partecipazione attiva al corso della storia.

Cosa cambierei

: La parte riguardante gli anni della contestazione è affetta da un lirismo astratto che rischia di farla apparire inconsistente. Eccessivo è il ricorso alle scene di battaglia, quasi tutte tratte da film sulla guerra di secessione americana. Il ciclico ritorno sullo schermo di uomini e cavalli in marcia o all'attacco finisce per venire a noia.

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