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Requiem for a Dream

Regia di Darren Aronofsky vedi scheda film

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La recensione su Requiem for a Dream

di cheftony
6 stelle

SUMMER

Il sole, la speranza, l'ascesa.
Harry, ragazzetto tossicodipendente, cerca di metter su col miglior amico Ty un giro di spaccio per permettere alla fidanzata Marion di aprire un negozio e per non dover più impegnare il televisore della madre per comprare due spiccioli di droga.
La madre (Sarah) e il televisore, già. Anche la madre di Harry ha la sua droga che la estrania, un insulso show televisivo, a cui peraltro viene invitata; estasiata dall'opportunità di apparire in TV e decisa a mettersi in tiro col suo bel vestito rosso (che però non le entra più), si mette a dieta dietro ricetta medica. Anfetamine. Dipendenza. Poco importa, lei non sa che roba sia e la fa stare meglio. Harry, Ty e Marion stanno campando dignitosamente, Sarah è dimagrita e in procinto di fare la sua partecipazione in quella TV che la tiene "impegnata" a tutte le ore. Bene così.

FALL

La caduta. Proprio quando si è all'apice del proprio piccolo successo, diventa più facile cadere.
Il mercato della droga si fa sempre più duro e la dipendenza dall'eroina dei tre ragazzi sempre più devastante: nessun sentimento, nessuna ambizione se non quella di "farsi", nessuna speranza. Alienazione.
Alienazione. Sarah, in attesa di sapere la data dello show a cui dovrà partecipare, si ritrova sopraffatta dalle sue droghe: lei diventa finta, la TV diventa realtà, il frigorifero comincia a muoversi...

WINTER

Dopo la caduta, la rinascita? O la morte?

Requiem for a dream, secondo film di Darren Aronofsky, ha i suoi bei difetti; è farraginoso, retorico, zeppo di americanate, ma parlarne solo in questi termini sarebbe davvero penalizzante per un film che ha anche indubbiamente dei meriti. Riprendendo il frenetico montaggio di scene brevissime, già elemento caratterizzante di π - Il teorema del delirio, Aronofsky cerca di rappresentare nel modo più realistico e crudo possibile l'abisso psicologico e morale in cui le droghe e le dipendenze possono sprofondare l'uomo, osservando ciò con occhio tragico, rivolto alla solitudine, diverso da quello di Trainspotting; come già accennato, c'è molta retorica in tutto questo, ma anche una certa bravura nella rappresentazione scenica, nella decisione di destrutturare il tutto seguendo la successione delle stagioni e nelle interpretazioni, grazie soprattutto a Jared Leto e Ellen Burstyn, a sorpresa mattatori del film.
Ambizioso ma probabilmente un gradino sotto al lavoro d'esordio del regista, sicuramente troppo severo il giudizio di FilmTV. *** e 1/2

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