Regia di Joshua Oppenheimer vedi scheda film
The End (2024): locandina
AL CINEMA
La catastrofe è un ricordo indelebile.
Ha decimato il mondo, ma ha permesso ad un piccolo gruppo di continuare a vivere isolati e protetti in fondo ad un tunnel.
Una famiglia ricca e scaltra ha trovato infatti il modo di sopravvivere.
A scapito degli altri, che, ingenui, sentimentali, improvvidi, poco previdenti, non hanno saputo resistere al peggio.
Non è certo un caso se marito, moglie e figlio si circondino, tra le stanze piene di mobilio e suppellettili vintage, di uno zelante medico a pieno servizio, di una cuoca stellata e scrupolosa, e di un cameriere servile dai modi impeccabili.
Tutti individui indispensabili che si sono inseriti a formare una famiglia coesa nel mestiere del sopravvivere.
Il sopraggiungere in quel contesto sotterraneo - fatto di caverne entro cui la famiglia ha radunato ogni oggetto utile o futile (hanno persino annessa a casa una piscina interna degna di un lussuoso complesso termale), e addirittura depredato musei di opere famose ed esclusive per dare un senso alla propria inesauribile necessità di possesso - di una giovane sopravvissuta dopo anni di completo isolamento, induce il capofamiglia a provare, dopo tempo immemore, un sentimento di compassione che gli ispira un diverso atteggiamento rispetto alle volte precedenti.
The End (2024): Tilda Swinton
The End (2024): Tilda Swinton, Michael Shannon
Una sensazione gradevole, certo insolita, che lo induce a venir meno ai rigorosi principi di base e prudenza che regolano la vita in quella comunità-famiglia.
E quindi la fuggiasca, suscitando tenerezza, viene accolta.
Ma, nel raccontare ai padroni del rifugio le drammatiche vicissitudini occorse per attraversare un grande fiume in cui annegò tutto il resto della sua famiglia, la nuova arrivata finisce per stimolare (finalmente) i vari membri di quella strana famiglia a provare quel senso di colpa che non li ha mai sfiorati prima, e li ha indotti a salvarsi sulla pelle degli altri, secondo modalità e strategie che l'autore lascia immaginare in modo più completo e libero allo spettatore.
The End (2024): Moses Ingram
The End (2024): George MacKay
Sono passati più di dieci anni da quell'indimenticato The look of silence, attraverso il quale il documentarista talentuoso Joshua Oppenheimer ci raccontava il confronto tardivo tra oppressi ed oppressori durante una sanguinosa "caccia al comunista" perpetrata negli anni '60 in Indonesia. Con The End, Oppenheimer si affaccia per la prima volta nel cinema di fiction e narrazione pura.
Ma il confronto tra le parti resta.
Ed emergono col tempo lancinanti sensi di colpa.
The End in effetti è un film sul rimorso, sul senso di colpa di chi, con astuzia e sangue freddo, ha saputo approfittare della catastrofe che ha decimato il mondo, per sopravvivere, trovarsi un luogo sicuro ed inettaccabile, e ricominciare una vita il più possibile similare a quella che si è dovuto abbandonare, per quelle cause di forza maggiore che il regista ci fa solamente supporre, senza mai chiarire alcuna causa, alcuna dinamica, alcuna conseguenza.
The End (2024): George MacKay, Tilda Swinton
Certo per approcciarsi alla narrazione Oppenheimer non si accontenta di dialoghi, ma punta anche molto sulla canzone, sui numeri cantati, trasformando il film apocalittico in un vero e proprio musical, magari bizzarro, sin grottesco, entro cui attori magnifici come Tilda Swinton, MichaelShannon (che gran voce, che talento a cantare!), il giovane tosto GeorgeMacKay, Bronagh Gallagher, MosesIngram, Lennie James e DanielleRyan si muovono attenti a preservare quel sinistro ma salvifico santuario di sicurezza e privilegi che a fatica il gruppo ha conquistato e negato ad altri.
Non mancano certo stramberie e prolissità in questo bizzarro musical fantascientifico che celebra il pentimento tardivo come una soluzione per cercare di placare un senso di colpa che torna a farsi sentire in modo lancinante, da quando la nuova ospite viene soccorsa ed accolta in famiglia.
The End (2024): Bronagh Gallagher, George MacKay
È un approccio senz'altro originale quello di Joshua Oppenheimer al mondo del cinema narrativo.
Ma, nonostante qualche irremovibile perplessità, il film riesce in modo efficace a comunicare quel senso di asfissia e follia compulsiva che anima e motiva i sopravvissuti, e che il mondo ovattato della grotta contribuisce a rendere più inquietante, nel descrivere ciò che muove ed allarma quel gruppo eterogeneo, ma sparuto, di scampati alla distruzione globale.
Il film è una coproduzione che coinvolge pure l'Italia, già nelle ambientazioni, che immaginano il mondo sotterraneo dei rifugiati all'interno delle inquietanti ed insieme affascinanti miniere di salgemma siciliane di Petralia, nelle Madonie.
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