Regia di Pietro Belfiore, Davide Bonacina, Andrea Fadenti, Andrea Mazzarella, Davide Rossi (II) vedi scheda film
Un manager milanese d'azienda, tutto tic nervosi e manie di fatturazione, vede la sua ditta rilevata da una multinazionale attenta alle nuove tendenze: green, smart working, politicamente corretto e – in pratica – tutto ciò che nella sua vita l'uomo odia. E che, naturalmente, da un giorno all'altro si ritrova ad abbracciare e propagandare.
Non è che Ricomincio da taaac sia un brutto film, perché il film qui davvero non c'è. Stiamo parlando del sequel di Mollo tutto e apro un chiringuito (2021), opera già di suo indifendibile o quasi, che riprendeva i personaggi di una popolare pagina Facebook (Il milanese imbruttito) e li ambientava in una modestissima barzelletta di cento minuti di durata. Con Ricomincio da taaac (povero Renato Pozzetto, incolpevole autore del tormentone del titolo) la faccenda si complica ulteriormente: qui ci sono solo caratteri stilizzati, battute scioccherelle e ampiamente prevedibili, situazioni tremendamente piatte e superficiali, che dimostrano uno sguardo miope e retrogrado sul mondo contemporaneo; come nella precedente pellicola, si potrebbe obiettare: ma se errare è umano, perseverare è diabolico. Specie quando le idee proprio non ci sono. L'unica cosa divertente in tutto ciò è leggere la lista degli sceneggiatori che si sono scervellati per partorire il lavoro: Pietro Belfiore, Davide Bonacina, Andrea Fadenti, Andrea Mazzarella, Davide Rossi (i cinque – ebbene sì, cinque – registi), Marco De Crescenzio, Federico Marisio e Tommaso Pozza. Al di là della quantità inspiegabile di firme a fronte di tale risultato, si potrebbero sollevare obiezioni sul fatto che un film (o presunto tale, insomma) che vorrebbe mettere in ridicolo coloro che non accettano i cambiamenti generazionali in atto, in primis l'emancipazione femminile, venga scritto da otto uomini. Ma è inutile tentare di analizzare a fondo un qualcosa che evidentemente è stato realizzato senza alcun tipo di scrematura qualitativa, gettando dentro soltanto le trovate più semplici e le primissime venute in mente agli autori. A proposito di questi ultimi, per il quintetto di registi il tracollo verticale è ormai palese, se si pensa al valido esordio con Si muore tutti democristiani, del 2017. Cast: Germano Lanzoni, Vaio Airò, Paolo Calabresi, Claudio Bisio, Raul Cremona, Brenda Lodigiani e, in una particina, il sempre disastroso Francesco Mandelli. Apprezzabili se non altro le comparsate qua e là, oltre a quella di Licia Colò, di alcuni comici dai trascorsi televisivi come Andrea di Marco, Chicco Paglionico e Bruce Ketta, nonché Lucia Vasini; più o meno stesso discorso (per quanto si tratti di un comico involontario, che fa ridere di sé e non con sé) per Lele Adani, in un cameo nella parte di sé stesso. 1,5/10.
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