Regia di Gianni Amelio vedi scheda film
Il campo di battaglia in questione è un campo di feriti nell’anno della vittoria 1918, Italia del nord est. Due ufficiali medici, amici e rivali, sono in antitesi. Uno deve stanare i “vigliacchi” e “furbi” che si procurano le ferite autolesioniste per non tornare al fronte e suo compito da buon militare patriota è rispedirli in trincea. L’altro li sottrae di nascosto al ritorno sul fronte rimandandoli a casa in licenza. Stefano e Giulio: il primo figlio dell’alta borghesia trova nel dovere, nella retorica patriottarda una ragione di vita e di rivalsa da un padre ingombrante e non solo. Personaggio figlio del metodo Cadorna. Giulio è un idealista e misterioso, le cui origini vengono taciute come il suo agire. Anna è una crocerossina volontaria, ex collega dei due che per la condizione di donna non si è potuta laureare in medicina. E’ un trait d’union tra l’amore inespresso di Stefano e la stima e l’affetto per Giulio. Diventa un angelo che accompagna entrambi verso un destino differente.
La guerra è incomprensibile: la Babele di dialetti la rende ancora più fosca ed equivoca. Il soldato che in lingua sarda dice ai friulani di andar via perché arriveranno gli austriaci a ucciderli tutti è esemplificativa. La guerra trattiene i sentimenti, li inchioda e rende prigionieri i cuori dei tre. Stefano è il vincitore, Giulio lo sconfitto e il “qui non muore nessuno” di Anna (che cita Giulio) suona come l’epifania di un paese infestato di morti (viventi), dilaniati e mutilati. Questo senso funereo da 4 novembre permea e compone la prosa filmica della bella pellicola di Gianni Amelio.
“Campo di battaglia” tocca anche l’epidemia della “Spagnola”, altra metafora non tanto sul recente Covid-19, quanto sulla guerra quale eterna epidemia che aleggia attorno alla nostra amata patria, nazione, povero paese. Film antimilitarista come gli “Uomini contro” di Francesco Rosi dal romanzo di Emilio Lussu; e durante la visione austera viene in mente proprio il testo dello scrittore sardo: Un anno sull’altopiano. L’Italia vinse perché i soldati erano imbottiti di cognac negli assalti corpo a corpo e nelle trincee, di cocaina i vate e i fanatici arditi con pugnali e iprite.
Bravissimi nell’interpretare in profondità i loro complessi personaggi di un periodo storico spesso mitizzato Alessandro Borghi, Gabriel Montesi e Federica Rosellini; incisivi il generale di Luca Lazzareschi e il padre regio di Stefano. Ottima la fotografia di Luan Amelio Ujhaj e le musiche di Franco Piersanti.
Campo di battaglia (2024): Gabriel Montesi
Campo di battaglia (2024): Federica Rosellini
Campo di battaglia (2024): Federica Rosellini, Alessandro Borghi
Campo di battaglia (2024): Gabriel Montesi, Alessandro Borghi
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