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Red Dragon

Regia di Brett Ratner vedi scheda film

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La recensione su Red Dragon

di giurista81
8 stelle

I successi macinati da Il Silenzio degli Innocenti e dal successivo Hannibal portano De Laurentis a insistere sul personaggio di Hannibal The Cannibal, lo psichiatra assassino nato dalla fantasia di Thomas Harris, a sua volta generata dallo studio e dalla consultazione degli specialisti di Quantico. Viene così l'idea di riproporre il remake dell'ottimo Manhunter - Frammenti di un Omicidio diretto nel 1986 da Michael Mann e tratto dal primo romanzo della serie: Il Delitto della Terza Luna (1981). Sono ormai passati sedici anni, non poi tanti, eppure la produzione vede i margini per costruire un successo commerciale. Pur essendo un gioiello, il film di Mann non è poi così famoso tra le grandi masse, inoltre sfuma il personaggio di Hannibal (interpretato da Brian Cox) per interessarsi alle indagini del detective Graham (William Petersen, che poi diventerà famoso per la serie ER) e alla psicologia del killer Denti di Fata. De Laurentis pensa invece, assai intelligentemente, di creare un film costruito sul modello de Il Silenzio degli Innocenti di cui Red Dragon è ideale prequel. 

Così viene presentato un antefatto di straordinaria ironia nera in cui Hannibal, stimato psichiatra che collabora con la polizia per la soluzione di un caso di cui lui stesso è l'assassino (classico, seppur romanzato, dell'abitudine dei serial killer di collaborare con la polizia sulle indagini che riguardano il loro caso, si pensi anche a Luigi Chiatti), uccide un componente di una banda musicale perché non ne apprezza la maestria e poi, alla Ed Gein o alla Dzhurmongaliev, ne cucina le parti per darle in pasto ai suoi ospiti. Grande prologo, necessario a presentare i personaggi di Graham (un Edward Norton un po' sottotono) e di Hannibal (Anthony Hopkins all'ennesima potenza) che vivono un rapporto non proprio equiparabile a quello (in odore di Sindrome di Stoccolma) che legherà il cannibale alla Stirling, ma comunque di stima reciproca. Hannibal, comunque, non perderà mai occasione per dare sfogo alla sua ironia british ("detective Graham non si scordi mai chi le ha lasciato le migliori cicatrici..."). Come ne Il Silenzio degli Innocenti viene dato grande spazio agli incontri, in carcere, tra il poliziotto che conduce le indagini su un nuovo assassino seriale (come Buffalo Bill e il Mostro di Firenze grande estimatore del Dr. Lecter) e il cannibale. Si tratta di una soluzione narrativa che Harris riprende da uno storico studio condotto dai detective dell'FBI John Douglas e Robert Ressler, alla base della stesura del CCM (Crime Classification Manual) ovvero il manuale di studio centrale, negli anni '70 e '80, della criminologia mondiale (non a caso ne Il Silenzio degli Innocenti l'agente Stirling è una studente di Quantico, tempio per eccellenza della materia); ma è altresì legata all'"affascinante" personaggio di Ted Bundy, a cui la polizia si trovò costretta a ricorrere per ricevere un aiuto per la soluzione del caso denominato The Green River Killer

Hannibal procede per indovinelli, sfida l'acume del poliziotto, non vuole fornire risposte dirette alle domande, ma procedere con un modus filosofico in odore di sofistica sia per alimentare il profondo narcisismo che lo pervade, sia per una sorta di sfida nei confronti dell'interlocutore che cerca sempre di mettere a disagio (anche qua battute sui profumi che usa e sulle debolezze che dimostra) per minarne la sicurezza e frenarne la dialettica. Hannibal vive in una sfida perenne di carattere intellettuale. Da sfoggio di conocenza e capacità per piegare l'interlocutore, ma anche per poterlo misurare e, a sua volta, trarne notizie. Non c'è da scordare che Hannibal è uno studioso di cervelli ed, essendo medico, vive in una perenne ricerca e studio.

Dall'altra parte abbiamo un killer, interpretato dall'asso Ralph Fiennes (indimenticabile nei panni dell'ufficiale nazista in Schindler's List, ma anche in quelle del folle in Spider diretto da David Cronenberg), molto interessante, forse di più del Buffalo Bill de Il Silenzio degli Innocenti (che era costruito su un mix di Ted Bundy, per le modalità di rapimento, e di Ed Gein, per la fissazione di trasformarsi in donna). Dente di Fata, che qua diviene il Dragone Rosso, è un mix di svariati killer. C'è l'esperienza traumatica infantile, con una madre che lo prende in giro (ricorda un po' l'infanzia di Ed Kemper III), e un disturbo psicotico di fondo che lo porta a essere vittima di una sindrome di sdoppiamento della personalità che quando si manifesta lo conduce nelle maglie della schizofrenia. Harris e lo sceneggiatore Ted Tally (non a caso lo stesso de Il Silenzio degli Innocenti) caratterizzano in modo divino il personaggio e propongono anche uno snodo centrale, vero e proprio oggetto di studio in campo criminologico e materia di infiniti contrasti tra gli studiosi,che potrebbe stravolgere e bloccare la catena omicida. Introducono infatti il tema della scoperta dell'amore. Il killer, che ha il vezzo di uccidere famiglie con blitz con tecnica faina (entra all'interno delle abitazioni altrui), cavando gli occhi e rompendo i vetri (non tollera esser visto, tanto che Hannibal lo definisce "un timido", perché si sente inadeguato), viene avvicinato da una ragazza cieca (alquanto intraprendente) che si sente da lui attratta. Il Dragone Rosso, così chiamato per la fissazione che nutre per un'opera d'arte che si è tatuata sulla schiena, si ritiene in evoluzione in vista della trasformazione in un qualcosa di superiore ed elevato rispetto ai comuni mortali, eppure ha un momento in cui tergiversa. Con la ragazza diviene dolce (bella la scena in cui la porta a vedere una tigre narcotizzata), a suo modo protettivo. Il sentirsi accettato e amato lo fa sentire, per un attimo, mortale. Purtroppo però i demoni che si porta all'interno, alimentati da un'infanzia crudele e dai difetti fisici che non ha saputo superare su un piano mentale, non lo freneranno. Il male non viene esorcizzato e ha già lasciato tracce su cui non si può sorvolare. Tally e Harris sono molto buoni con lui, facendo esprimere in suo favore Graham che ne comprenderà la follia, ma soprattutto facendogli risparmiare, in una sequenza che ricorda molto la parte finale di Opera di Dario Argento (tra l'altro ricordato anche nella parte in cui Dragone Rosso, offeso da un articolo di un giornalista, costringe l'autore del pezzo, precedentemente rapito, a guardare le foto dei suoi omicidi minacciandolo di tenergli a forza aperte le palpebre), la giovane ragazza (molto brava Emily Watson, due volte candidata al Premio Oscar). Perché non la uccide? Per due motivi. In prima battuta è l'unica persona che, seppur per un breve istante, lo amato e lo ha fatto sentire come una persona comune. In seconda battuta perché, da sempre, i diversi finiscono per solidarizzare tra loro (si veda anche il film La Forma dell'Acqua di Del Toro).

Brett Ratner, alla regia, arriva curiosamente da Colpo Grosso al Drago Rosso e dai film con l'acrobata Jackie Chan e sa come fare per rendere appetibile il film a tutti. Decide pertanto di edulcorarlo. Pur essendo presenti omicidi e qualche scena forte, sta bene attento a non inserire scene che gli causerebbero il divieto ai minori di anni 14. Aiutato da una solida sceneggiatura e da un cast pazzesco di attori (ci sono anche, nei panni di Jack Crawford, Harvey Keitel e Anthony Heald, confermato in quelli di Chilton ovvero il vecchio amico per cena, come lo aveva definito il simpaticone Hanninal al termine de Il Silenzio degli Innocenti), si limita a suggerire nefandezze di ogni sorta senza però scendere nei particolari.

Bellissimo il finale, che si ricollega perfettamente all'entrata in scena di Clarisse Stirling, ideale ponte di collegamento tra Red Dragon Il Silenzio degli Innocenti.

In definitiva è un gran bel thriller, capace di resistere al confronto con Il Silenzio degli Innocenti, rispetto al quale non scende nel macabro. Il film di Demme è decisamente più malato, quasi horror, con momenti gore da brivido e scambi di dialoghi che gelano il sangue nelle vene. Un mix di violenza psicologica e fisica che Red Dragon non riesce (e non vuole) perseguire. Rattner guarda alla maggiore fruibilità del prodotto, sceglie la via del compromesso. Pur non giocandosela esclusivamente sul piano delle indagini poliziesche (come fatto da Mann in Manhunter), sta attento a non esagerare orientando il tutto sul giallo con continui momenti che potrebbero modificare il corso della storia. Non a caso piazza un colpo di scena finale e cerca di concentrarsi maggiormente sul piano delle caratterizzazioni psicologiche. Il film stimolerà anche la realizzazione di una serie televisiva in cui si scenderà nella mente del poliziotto, sofferente e anche lui disturbato psicologicamente, Patrick Graham. Una serie, intitolata Hannibal, che metterà in stretta relazione il Dottore col Detective. "Il motivo per cui mi hai preso è che noi due siamo uguali" dice il Dottore al poliziotto. "Si, ma lei è pazzo" risponde Graham, in una conclusione che rimanda a un celebre manuale di uno studioso francese di nome Simon ovvero I Buoni lo Sognano... I Cattivi lo Fanno. 

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