Regia di Victor Kossakovsky vedi scheda film
Ipnotico, poetico, ultradimensionale. Questo film destruttura e macina il pensiero di chi lo guarda come sono destrutturate le pietre con miliardi di anni di vita, frantuma il potenziale desiderio dello spettatore che “qualcosa succeda” per inoculare magicamente il bisogno che non accada nulla d’altro che non sia il danzare delle pietre, il loro muoversi, agitarsi, quasi comunicare. Con questo “Architecton” i sassi prendono vita, hanno vita e hanno anima come qualsiasi essere degli altri regni, hanno una storia, passata, presente e futura. Hanno un senso, chiedono di avere un senso, tradite anch’esse, come gli altri regni del Creato, da un Uomo sciocco e imbecille, che pure nelle riflessioni finali dell’architetto “protagonista” del film sa di poter essere molto migliore di come si mostra, di agire ben meglio di come agisce. La sa perché lo ha già fatto in passato, e perché con le conoscenze moderne potrebbe fare ancora di più .
Il pressochè costante slow motion delle lunghissime sequenze sulla cava e intorno ad essa conferisce al rotolare, franare, inseguirsi dei massi una leggerezza da contrappasso, lasciando di stucco chi le osserva e donando a costoro una prospettiva di “relazione” con l’ambiente, anche il più rude, il più ostile, il più lontano da noi che domanda rispetto e che, attraverso la sua immodificabile schiettezza e “sincerità”, pare quasi suscitare una richiesta d’amore, così come l’architetto “protagonista” ama quel piccolo, grande lavoro in pietra nel suo giardino che attraversa tutto il documentario.
A mio avviso, bellissimo.
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