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L'imbalsamatore

Regia di Matteo Garrone vedi scheda film

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GIMON 82

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La recensione su L'imbalsamatore

di GIMON 82
8 stelle

La torbida vicenda di Domenico Semeraro "il nano della stazione Termini",ucciso dal suo amante Armando Lovaglio è riscritta da Matteo Garrone in questo film,ambientato nelle marginali e asettiche terre casertane.Una vicenda di cronaca dai toni ambigui,figlia della solitudine e della morbosita' di un amore malato,i cui protagonisti sono il tassidermista Peppino Profeta,il giovane Valerio e una ragazza di nome Deborah.Garrone si fa conoscere con quest'opera presentata a Cannes,un film dal respiro controverso e angosciante,le cui dinamiche sono incentrate su un "menage a tre" dai toni discordanti.Peppino è un uomo di bassa statura,un "freak" moderno,ma bravissimo nel suo lavoro,una sorta di alchimista stregone,donatore di un "immortalita'" scenica in carcasse animali.Valerio è un giovane semplice,con la passione viscerale per il mondo animale,un incontro "casuale" di cui Peppino diviene mentore,padre, e innamorato.In mezzo ai due uomini s'insedia Deborah,ragazza difficile che rapisce il cuore di Valerio.Garrone per adesso non ricorre al taglio documentaristico che sara' di Gomorra,in cui la cinepresa è dentro la storia, "compagna" dei personaggi.Chi "parla" nel film è il sibilare dell'emozioni o "sentimenti",la regia coi primi piani dilata lo spazio,lasciando parlare i personaggi per come sono allo stato reale.Un connubio incontrastato di sentimenti forti,l'ambiguita' assume il respiro tragico,riscontrante nel momento in cui entra in scena Deborah.Tutto è riposto nelle interpretazioni dei tre attori,con Mahieux nella sua migliore performance,un uomo viscido,torbido,compromesso con la camorra in "tagli" cadaverici che trasportano droga,un personaggio inquietante,destante un aura di angoscia nella sua personalita' controversa.Come contraltare vi sono i due giovani,fragili,ingenui e difficili,con la ragazza che diviene "donna salvifica" per Valerio."L'imbalsamatore" è un film magnifico nel trattenere il respiro,c'è sempre una sorta di "tregua" in cui Garrone infonde un pathos torbido,nulla esplode fino al finale,ma vive nell'implosione di tre animi difficili,messi insieme da un fato tragico,esaltato da una fotografia lucida e magnetica.L'arrivo a Cremona dei giovani è l'inizio nella discesa negli inferi,con Peppino ormai "schiavo" di una morbosita' folle, della quale non ci si libera se non con la morte.Valerio è per Peppino un "gioco proibito" una sorta d'immagine lucente, uno specchio nel quale riflettere un vuoto catartico,o un "invidia" fisica di cui appropriarsi per colmare la "bruttezza" della propria figura.L'angoscia sottile e velata si consuma nella centralita' del film per esplodere nel finale in un epos tragico,come il nostro respiro trattenuto e nell'inquietudine data da Peppino,un "mostro" dall'animo egoista,abituato a squartare e ricomporre esseri viventi come fossero oggetti di sua proprieta'.Ma la morte in queste storie è dietro l'angolo,Garrone ce la mostra immergendoci nell'abisso,come uno sguardo rivolto ad un oblo' in cui Peppino ritorna alle origini,in posizione fetale come un animale cattivo,trafitto dall'amato.Un film dalla subliminalita' tragica,su come tre vite cosi' diverse eppur cosi' simili incontrandosi stimolano il vento della tragedia.....

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