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L'uomo del treno

Regia di Patrice Leconte vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su L'uomo del treno

di stanley kubrick
8 stelle

STRADE PERDUTE  

"Il destino è un'invenzione della gente fiacca e rassegnata." Ignazio Silone  

I sogni sono interpretati cinematograficamente in maniera candida, basti pensare ai film di Michel Gondry, specialmente a L'Arte Del Sogno, a quanto era oniricio tutto ciò eppure terribilmente bello. Patrice Leconte mette all'interno della sua pellicola anche il polar francese divenuto famoso in tutto il mondo, oltre che ai sogni e al futuro di chi li fa. In questo caso sono due uomini, il primo è un professore anziano in pensione che, stanco della tranquillità del proprio paesino vorrebbe un pò di azione, il secondo è un ladro che arriva nella cittadina per tentare un colpo alla banca. Il tema degli universi paralleli si prende gioco dei personaggi, li comanda e li fa inevitabilmente partecipare alla sua recita finale. Per tutti i novanta minuti che caratterizzano il film Leconte filma l'infilmabile, basti vedere i monologhi dei due protagonisti quando sono soli, che risultano sempre contrariati. L'Uomo Del Treno è quello che arriva in paese per sconvolgerlo, per creare eventi che la popolazione in futuro subirà. Il finale sconvolge l'idea dello spettatore anche grazie al montaggio perfetto, che risalta perfettamente tutto quello che Leconte gira da bravo regista.
I paesaggi sono desolati, anche per colpa della macchina da presa usata. E' sempre distante dall'aria aperta, il suo unico rifugio sono le stanze deserte di uomini ma affollatissime di fantasmi dell'incoscio che caratterizzano la villa dove il tutto si svolgerà. Sarebbe bello assaporare il profumo delle rose in mezzo ai prati subito fuori dalla cittadina, dato che Leconte ce li mostra nell'incipit movimentato di macchina ma calmo di contenuti mentre il ladro li osserva, ma bisogna rassegnarci al giardino subito sotto casa, un compendio di fiori, l'unico modo per vedere il verde della natura. La cittadina viene indagata poco e nulla, Leconte da un limite, facendoci osservare panifici, bar, farmacie e via dicendo, tutte cose che in un moderno paese si possono tranquillamente trovare. La cittadina che fa da sfondo al film è tranquilla come i suoi abitanti, vive di turismo anche se nel periodo del film l'albergo è chiuso causa pochi turisti. Più è piccolo un paese più c'è confidenza tra la gente del posto, è bellissimo per lo spettatore vedere il vecchio e logoro ex professore ora in pensione aggirarsi per andare a pranzo con l'amico appena conosciuto sallutando tutti, oppure la vicissitudine raccontata al ladro riguardo al panificio e la sua commessa. Tutti momenti esilaranti che tengono chi guarda la pellicola in uno stato di risallamento completo.
Con Donnie Darko, Richard Kelly si era spinto oltre alle barriere metacinematografiche, prendendo sbalzi temporali, wormhole, universi paralleli e anche buchi neri quasi a confondere lo spettatore, mischiando il tutto con allucinazioni pre-morte. Leconte utilizza questa tecnica solo nel teso finale, però lo fa in maniera perfetta. Se nel film di Kelly non si faceva alcun riferimento al mondo dei sogni, dato che il protagonista viaggiava attraverso macchine del tempo, in questo di Leconte i sogni rappresentano la vitalità che una persona deve avere anche nei momenti più difficili. Se nel presente ti capitano cose spiacevoli, nei sogni puoi sempre far riferimento alle tue invenzioni senza che nessuno trapassi un certo limite di cultura. Quegli occhi stanchi dallo stress dei due protagonisti, nel finale, si miscelano in un unico uomo che vive entrambi le vite, soltanto in universi paralleli diversi.

L'Uomo Del Treno è un thriller psicologico da camera con risvolti polar tipici dei francesi. Costruito in maniera perfetta, sia in sede di sceneggiatura sia in quella del montaggio, somiglia molto al Polanski migliore, ovvero Carnage, La Morte E La Fanciulla, Rosemary's Baby e tante altre pellicole. I due protagonisti, nelle loro prove di saggistica all'interno della villa del professore, sembrano usciti da un film di Tarantino, vedi Pulp Fiction quando Vincent Vega e Jules Winnfield parlano prima di entrare a fare una carneficina. La differenza sta sull'argomento della conversazione, se nel film di Tarantino i due personaggi parlavano di coca-cola oppure di piedi, nella pellicola di Leconte si fa accenno a una filosofia disperata, tipicha dei grandi filosofi greci quali Sofocle, Socrate e Aristotele. "L'amicizia è un'anima che abita in due corpi, un cuore che abita in due anime." diceva quest'ultimo, mai frase più azzeccata potrebbe prendere questo film. Perchè è sulla amicizia che deriva dai loro comportamenti dentro la villa che si capisce che tutto quello che succede dopo avviene senza riferimenti temporali stabiliti dal regista, e non attraverso il marciume dentro il paesino.
I due protagonisti, quando si contraddicono, creano una certa atmosfera. Nella società di oggi, si finisce persino per prendersi a botte, mentre loro risolvono con l'uso dell'intelletto. Se a uno non va bene quella cosa che sta bene all'altro, il primo cerca di spiegare al secondo i motivi di tale scelta. E poi, alla fine, magari fa sempre bene vedere le stelle dal balcone dopo essersi chiariti. Ognuno di noi appartiene a una stella dice il ladro al professore in un dialgo bellissimo. La stella in questione ha sembianze sempre diverse per il carattere di chi appartengono. E quando si muore, finalmente, si ritorna con la luce che abbiamo sempre avuto, quella dei sogni.

La presenza femminile, l'unica in tutto il film degna di nota, rappresenta il punto più basso dell'amicizia dei due. Sia chiaro, non è per contendersi il suo amore, ma per la pura verità che bisogna scambiarci a tavola quando si mangia tutti assieme. E' l'unica femmina degna di nota perchè i due protagonisti hanno solo bisogno di capirsi l'uno con l'altro, magari addirittua di scambiarsi le vite, dato che uno cerca il dinamismo degli eventi mentre l'altro la tranquillità tipica della piccola cittadina.
Forse, il personaggio più azzeccato del film è uno dei tre complici del ladro. Un espressività facciale da brividi, rimane zitto tutto il giorno tranne alle 10, quando sussurra frasi filosofiche che colpiscono in maniera diretta lo spettatore. Il suo personaggio ricorda quello di un film di Lynch, grazie alla caratterizzazione facciale e al suo sguardo ferreo, ma specialmente alla distruzione della felicità riguardante un fatto passato che gli ha turbato non poco la mente fragile.
Il film si avvale anche di elementi che ne danno un certo valore cinematografico più alto per le citazioni, si va da L'Uomo Di Laramie agli western di Ford, ovvero le recitazioni chiuso in sè del professore, che per una volta abbandona i puzzle lunghissimi e veramente difficili, il suono della musica dolce e lagnosa di Schuman e l'insegnamento in privato della letteratura ai ragazzi per abbandonarsi a quello che veramente gli piace. Infatti, i due protagonisti non fanno altro che scambiarsi quello che non gli piace per tutto il film. Ed è bellissimo per lo spettatore vedere tutto ciò con i suoi occhi, dato che a prendere vita ai protagonisti e li guida lui anche nei momenti di tensione, oltre che godibilissimo anche grazie alle scene divertenti che il film ci propina.
L'Uomo Del Treno rimane il miglior film di Patrice Leconte, grazie anche alle ottime prove dei due attori protagonisti, sempre con la stessa faccia ma estremamente positiva e veritiere. Il finale sembra virare verso il sentimentalismo, eppure non è così. La chiave di lettura è quel puzzle che oramai è completo anche dopo la morte dei due protagonisti, e così finalmente il loro obiettivo prefissato è soltanto uno, quello di perdere le strade e mai più incrociarle.  

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