Espandi menu
cerca
11 settembre 2001

Regia di Youssef Chahine, Amos Gitai, Alejandro González Iñárritu, Shohei Imamura, Claude Lelouch, Ken Loach, Samira Makhmalbaf, Mira Nair, Idrissa Ouedraogo, Sean Penn, Danis Tanovic vedi scheda film

Recensioni

L'autore

luisasalvi

luisasalvi

Iscritto dal 26 dicembre 2004 Vai al suo profilo
  • Seguaci 14
  • Post 16
  • Recensioni 834
  • Playlist -
Mandagli un messaggio
Messaggio inviato!
Messaggio inviato!
chiudi

La recensione su 11 settembre 2001

di luisasalvi
8 stelle

1° Samira Makhmalbaf (Iran). Tra gli afgani profughi in Iran, in un mondo di miseria in cui anche i bambini lavorano a costruire mattoni, una giovane insegnante cerca di commemorare le vittime delle torri ma i bimbi hanno altri problemi e altri interessi. Discreto, minimalista. 2° Claude Lelouch (Francia). New York: una sordomuta vive con un assistente di sordomuti ma prevede la fine del rapporto e quando lui esce per un appuntamento vicino alle torri gli scrive una lettera di addio… “a meno che non accada un miracolo”. Intanto sul televisore si vedono le immagini del disastro. Poco dopo lui rientra coperto di polvere; lei lo abbraccia: miracolo. Sentimentale soap-opera. 3° Youssef Chahine (Egitto). Troppo autocompiaciuto, ma come dargli torto sulla sostanza? Parla con un marines ucciso a Beirut nell'84 dai terroristi e che lui (artista regista) è in grado di evocare e far rivivere nella sua mente (e sullo schermo). Dialoga con lui, gli spiega che gli americani se la sono cercata, e conta i morti causati nel mondo dagli USA: Vietnan, Sudamerica, Hiroshima ecc. 4° Danis Tanovic (Bosnia). In Bosnia è prevista all’11 di ogni mese una manifestazione di donne per una strage avvenuta qualche anno prima; alla notizia dell’attentato molte pensano di rinunciare, ma una non rinuncia e convince le altre. Discreto. 5° Idrissa Ouedraogo (Burkina Faso). Poco dopo l'11 settembre, un ragazzo lascia la scuola per lavorare e poter comprare le medicine per la madre molto malata; vede Bin Laden (su cui c’è una taglia internazionale), si organizza con i compagni per catturarlo per usare la taglia per curare la madre, ma lui prende l’aereo e se ne va; i ragazzi trovano un altro modo per rimediare il denaro per le medicine e ne sono felici. Paradossale, coglie bene il fatto che la gente nel mondo ha ben altri problemi. 6° Ken Loach (Regno Unito). Un cileno scrive una lettera ai famigliari delle vittime di Manhattan chiedendo loro di unirsi a commemorare anche il suo anniversario e quello dei tanti cileni vittime di torture e uccisioni dopo la morte di Allende l’11 settembre del '73 e il colpo di stato di Pinochet favorito da Kissinger e Cia. Tematicamente ineccepibile (ma ha infastidito molti) e pertinente e tutto sommato misurato (mentre spesso Loach esagera e non mi piace). 7° Alejandro Gonzalez Inarritu (Messico). Nel buio totale si sentono i rumori e le voci dal vivo, della gente disperata, dei soccorritori, nelle torri e intorno. Le poche immagini mostrano i poveretti che precipitano. Esce la scritta finale: la luce di Dio è guida o acceca? Qualcuno lo considera il migliore, per me il peggiore, un artificio da avanguardia con un secolo di ritardo (ma di ritardatari ce ne sono ancora troppi ovunque). 8° Amos Gitai (Israele). Attentato a Tel Aviv, una giornalista televisiva cerca di fare il suo servizio intralciando i lavori dei soccorritori; alla notizia della strage le dicono che il suo servizio non andrà in onda. Inutilmente insistito e ripetitivo, per una boutade insignificante. 9° Mira Nair (India). Storia vera: una madre musulmana in India non ha più notizie del figlio ormai cittadino americano, poi scopre che viene ricercato come complice degli attentatori, isolata dai vicini e conoscenti, finché, dopo sei mesi, risulta che il figlio è morto da eroe per salvare altri. Non mi pare affatto banale: il tema è vero e frequente e non solo in questo caso, e mi pare condotto bene. 10° Sean Penn (USA). Un vecchio (Ernest Borgnine) è impazzito per la morte della moglie: parla con lei, come se fosse ancora nel suo letto. Un vaso di fiori appassiti per la mancanza di luce torna a fiorire quando una delle torri cade e lascia passare il sole. Il vecchio le mostra il miracolo… ma poi vede il letto vuoto e piange. Tematicamente analogo al primo (non significativo), ma Borgnine è bravissimo e Penn fa un pezzo di bravura forse troppo compiaciuto. 11° S. Imamura (Giappone) parla d’altro, di un reduce dell’ultima guerra (non ancora terminata, ma giunge la notizia della bomba a Hiroshima) che è “impazzito” al fronte e ha scelto di essere un serpente, che striscia e non comunica più con gli uomini, non vuole più farne parte: in un breve flash-back un compagno gli ricorda che deve combattere per questa guerra santa; il film conclude affermando che non esiste guerra santa.

Quasi tutti ricordano che ci sono altre tragedie, piccole e grandi, nel mondo; molte di quelle grandi provocate anche dagli USA, molte piccole dovute a miseria. Per i due che vivono a New York la tragedia appare un miracolo, nel resto del mondo ci sono problemi più immediati e più veri, e si muore ovunque molto più che in quell’attentato. Solo Inarritu la presenta come tragedia… ma ne fa una ricerca espressiva fine a se stessa, compiaciuta, noiosa e non coinvolgente (probabilmente non era coinvolto neppure il regista). Nel complesso molto interessante e quasi tutto almeno decoroso.

Ti è stata utile questa recensione? Utile per Per te?

Commenta

Avatar utente

Per poter commentare occorre aver fatto login.
Se non sei ancora iscritto Registrati