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Ken Park

Regia di Larry Clark, Ed Lachman vedi scheda film

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La recensione su Ken Park

di Peppe Comune
7 stelle

Visalia è una cittadina californiana non molto distante da Los Angeles. La vita che vi scorre viene raccontata partendo dal punto di vista di cinque adolescenti. Shawn (James Bullard) intrattiene una relazione amorosa con la madre (Maeve Quinlan) della sua ragazza, una donna bellissima che lo usa per i suoi giochi sessuali. Claude (Stephen Jadsso) ha un padre (Wade Williams) fanatico dei muscoli che osteggia il figlio a causa della sua esilità fisica. Tate (James Ransone) vive con dei nonni (Harrison Young e Patricia Place) che non sopporta perchè li ritiene troppo invadenti. Peacher (Tiffany Limos) ha perso la madre ed il padre (Julio Oscar Pechoso) è un fondamentalista religioso che per mantenerla pura decide di sposarla. Infine c'è Ken Park (Adam Chubbuck), che apre e chiude il film, l'esplosione di una malessere che ha radici insospettabilmente vicine.

Visalia è una di quelle tipiche provincie americane costellate di villette unifamiliari, circondata di verde e con ogni sorta di servizio da offrire ai suoi amabili abitanti. Una cittadina nata dalla mente di uno di quegli urbanisti alla frenetica ricerca della costruzione di un paradiso in terra, dello spazio in cui realizzare la perfetta pace dei sensi, la forma più compiuta di convivenza civile. Un tempio delle tipiche aspirazioni piccolo borghesi. Ma non c'è esternalità che tenga quando i vuoti affettivi hanno una genesi molto privata, quando la rabbia che cova dentro è il frutto di un malessere che nasce e cresce all'interno delle mura domestiche, lontani dalla pubblica piazza. Non c'è paese civile per chi mutua dagli adulti una visione distorta delle cose, per chi è corrotto sin dalla tenera età dai vizi dei grandi. "Ken Park" è un amaro ritratto sull'ordinaria incapacità comunicativa tra padri e figli, tra generazioni che sembrano trovare l'unica possibilità di contatto  nell'adempimento delle perversioni erotiche degli adulti. Larry Clark indugia molto sulle pulsioni sessuali dei protagonisti e l'esplicita evidenza di talune scene è, tanto gratuitamente sgradevole, quanto funzionale a rendere gli amplessi sessuali consumati clandestinamente come l'elemento capace di surrogare nei piaceri della carne i loro vuoti esistenziali, la loro inconsapevole voglia di affetto. Bella ed emblematica la parte finale del film, che ritrae Shawn, Claude e Peaches accoppiarsi gioiosamente mentre fantasticano su posti lontani dove fuggire dalle persone che hanno imparato a detestare. Sembrano giocare coi loro corpi, come a voler anestetizzare nella libera nudità dei loro giovani corpi l'infelicità che hanno ereditato dalle frustrazioni represse dei loro padri. Il direttore della fotografia Ed Lachman è lo stesso del film (molto "sirkiano") di Tod Haynes "Lontano dal paradiso". E non è un caso perchè, come sottolinea Emanuela Martini, " i due film, nella loro distanza stilistica, sembrano le facce della stesso mondo senza scampo". L'orrore può anche avere le fattezze delle forme perfette di una pacifica località di provincia.

 

 

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