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Oasis

Regia di Chang-dong Lee vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Oasis

di luisasalvi
8 stelle

Jong-du esce di prigione dopo una condanna per omicidio colposo in un incidente d’auto; prima aveva già scontato due condanne, una per aggressione e una per tentata violenza carnale. Ha problemi comportamentali e caratteriali. Il fratello maggiore, con cui viveva, ha cambiato casa e numero di telefono; invano cerca per telefono il fratello minore, che venga a prenderlo; affamato, a sera cena in un ristorante senza avere il denaro per pagare. Sarà la polizia a far venire il fratello più giovane, che lo porta a casa dell’altro fratello, che vive con la madre la moglie e i figli. Solo verso la fine sapremo che era questo il colpevole dell’omicidio di cui Jong-du si è preso la colpa perché il fratello aveva un lavoro e manteneva la famiglia: è disadattato e intellettualmente limitato ma buono e generoso, ma i fratelli non lo sopportano più per le sue stranezze e intemperanze, e lui si adatta a dormire nell’autoofficina del fratello, dove lavoricchia. Pensa spesso alla vittima dell’incidente, se ne sente, lui, in colpa, e va a trovarne la famiglia, un figlio sposato e una figlia, Gong-gu, gravemente spastica (o affetta da paralisi cerebrale), abbandonata a se stessa. Il figlio lo manda via, ma lui torna con doni e fiori per la ragazza, entra in casa quando lei è sola, le parla con simpatia, le lascia il numero di telefono dell’officina, la dice bella, poi è preso da raptus o la prende. Subito dopo se ne scusa e fugge. Poco dopo lei ascolta i risolini e gemiti erotici di un incontro nella stanza accanto fra il fratello e la moglie, e... appena può telefona a Jong-du dicendo che vuole parlargli. Lui arriva, si scusa ancora, e da allora si vedono spesso.
Intanto il fratello di lei ha ottenuto per lei un appartamento nuovo e bello in un edificio riservato dallo stato a persone handicappate; ci porta Gong-gu solo per il controllo della polizia, poi la riporta nel misero appartamento di prima, dove lui e la moglie vengono solo a portarle il cibo e fare brevi visite. Così Jong-du può venire liberamente a farle visita, la porta sulla terrazza, poi in giro per la città; prova anche in un ristorante, ma non vengono accettati e i clienti commentano con fastidio e disprezzo la loro presenza. Comunque la loro vita diventa felice; ognuno ha trovato nell’altro una ragione per vivere, lei cerca di farsi bella, faticosamente si pettina e si mette il rossetto; lui la aiuta, le lava i capelli, vuole imparare a fare il meccanico... anche se poi continua a fare errori e scorrettezze. Gong-gu una sera gli chiede di restare a “dormire” con lei, insiste, si spogliano e si amano; ma sono sorpresi da fratello e cognata di lei, che chiamano la polizia, poi tentano di farsi pagare una forte somma dai fratelli di Jong-du, che rifiutano. Lui viene incarcerato per tentata violenza, lei vorrebbe difenderlo ma non riesce a parlare; infatti ogni forte emozione può fortemente aggravare la spasticità.
Nell’appartamento di lei c’è un quadro, dal titolo “Oasis”, che rappresenta un ambiente di sogno; il quadro è illuminato al tramonto dal sole, di notte dai lampioni della strada, ma macchiato dalle ombre minacciose dei rami di un alto albero: immagine, di evidente significato simbolico, che dà il titolo al film, costituisce lo sfondo ai titoli di testa e torna spesso nel corso del film; Gong-gu aveva detto più volte che quelle ombre le facevano paura, Jong-du aveva cercato di dissiparla con scherzi e assicurando che le avrebbe eliminate con la magia. Ora, tratto momentaneamente fuori di prigione, riesce a fuggire e corre a tagliare i rami dell’albero, sotto lo sguardo eccitato di lei (che non riesce a parlare ma mette musica ad alto volume per lui) prima di tornare in carcere; da qui le scrive, promettendo di tornare appena uscito: in un’oasi da cui ha eliminato le ombre...
La critica in genere ignora sia questo finale, sostanzialmente positivo, sia gli aspetti più riprovevoli delle due famiglie: non dice che Jong-du si è accusato dell’omicidio commesso dal fratello (anzi, molti dicono che è lui il colpevole), né che il fratello di Gong-gu è andato a vivere nell’appartamento che lo stato ha riservato a lei, lasciata invece sola dove era prima, né la squallida reazione dei clienti del ristorante, di rifiuto per ogni diverso. Cose che potremmo vedere oggi in Italia... Film, indipendentemente dai suoi pregi artistici, di grande attualità qui da noi... a condizione di guardarlo anziché travisarlo. È un’amara denuncia di una società perbenista ipocrita e egoista e sostanzialmente immorale, e una dolce storia d’amore che nasce e si rafforza nonostante tutto.
Sconvolge all’inizio la mancanza di controlli e di adattamento sociale di Jong-du e l’eccessiva attenzione alla spasticità di lei, e l’improvviso raptus di lui. Ma proprio da qui il film evolve, facendo scoprire l’umanità di questi poveri “diversi” e l’inumanità della gente perbene. Peraltro temi e denunce già viste spesso anche in film occidentali.
Brevi parentesi oniriche, fin dalla prima presentazione di Gong-gu, che gioca con uno specchio con manico che riflette sulle pareti e sul soffitto della casa i raggi del sole, che ai suoi occhi (e ai nostri) diventano una colomba bianca che svolazza per la casa, immagine luminosa di segno opposto a quello delle ombre proiettate sul quadro dell’oasi; Gong-gu getta a terra (per sconforto?) lo specchio, che si rompe; lo riprende e proietta sul muro piccoli frammenti di luce che presto si concretizzano in farfalle bianche che svolazzano per la casa e attorno a lei. Dopo in più occasioni nei momenti più sereni dei suoi incontri con Jong-du, distende i muscoli e parla e canta e si muove e balla, sogni di lei o piuttosto rappresentazione della realtà “vera” del loro incontro, che supera i limiti imposti dalla realtà fisica; aiutano ad attenuare la crudità della rappresentazione della malattia (e mostrano la bravura dell’attrice...).

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