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Vermiglio

Regia di Maura Delpero vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Vermiglio

di axe
7 stelle

Trentino, inverno '44 - '45. Nel minuscolo paese di Vermiglio, in Val di Sole, giungono, in fuga dalla Germania ove erano stati deportati, due soldati italiani, Attilio Graziadei, originario del posto, ed il siciliano Pietro Riso. Quest'ultimo intreccia una relazione con Lucia, figlia del maestro Cesare Graziadei e sorella di Attilio. I due si sposano, la giovane donna rimane incinta. Giunta la primavera, la guerra ha conclusione. Pietro torna in Sicilia, impegnandosi a far ritorno il prima possibile; ma il tempo passa ed il personaggio non torna. A seguito di ricerca d'informazioni presso il comune di origine dell'ex-soldato, giunge una notizia tragica. Pietro era già sposato con una giovane del posto, la quale, appreso del secondo matrimonio, l'ha ucciso. La regista trentina Maura Delpero dirige un film drammatico, ambientandolo in un affascinante spicchio di Trentino, la Val di Sole. I vermigliani sono gente semplice, abituata ad una vita dura di pastorizia ed altre attività agresti, in un territorio soggetto, nei mesi invernali, a copiosi innevamenti. I servizi sono ridotti al minimo, non c'è disponibilità di elettricità o veicoli a motore. Gli uomini lavorano durante le ore di luce per poi riunirsi in una piccola osteria, a bere vino e far due chiacchiere; le donne hanno la resoponsabilità delle vicende domestiche. Il maestro Cesare si occupa dell'istruzione di giovani ed adulti; il suo ruolo è tanto autorevole per i compaesani, quanto autoritario nei confronti della moglie Adele, madre dei suoi dieci figli. Alcuni sono infanti; uno muore per malattia. Tra essi spicca Lucia, vittima di una tragedia. Sposata e resa madre da Pietro, ella si ritrova, all'alba di una nuova era - quella del dopoguerra - sola e con una figlia da mantenere. Supera la disperazione recandosi personalmente in Sicilia, ove può pregare presso la tomba di quello che per alcuni mesi è stato il suo uomo e vedere la donna che glielo ha portato via; il suo volto non esprime acredine, ne' tradisce un dolore lancinante, che ella sa portare con riserbo. Probabilmente, vede nell'assassina un'altra sè stessa, una vittima della situazione e dell'"ambiente", costretta ad agire nei confronti del bigamo così come un certo codice d'onore, in parte salvaguardato dal diritto penale dell'epoca, prevede. Al suo ritorno nella terra natìa, Lucia non ha superato il trauma, ma è comunque pronta ad andare avanti, compiendo la difficile scelta di staccarsi temporaneamente dalla sua bambina. Progrediranno anche gli altri giovani Graziadei. Ada, adolescente, si scopre probabilmente omosessuale; nel suo contesto sociale ciò non è evidentemente accettato, ella stessa sembra provare sensi di colpa. Dunque diventa suora, e, in tal ruolo, ha l'occasione di partecipare della maternità di Lucia, prendendosi cura della figlioletta. Dino è un giovane uomo inviso al padre per un presunto atteggiamento ribelle; in realtà, egli, ragazzone di poche parole, è molto legato ai genitori ed ai fratelli, e ne soffre. I più giovani sapranno trarre le loro considerazioni dagli atteggiamenti degli adulti più prossimi, per orientare le loro scelte. Vedranno nel padre un uomo di profonda cultura e senso dello Stato, in grado di far le veci delle Istituzioni in un contesto di loro completa assenza, ma anche un padre severo, e uomo non in grado, forse per condizionamento sociale, forse perchè reso superbo dal carisma connesso al suo ruolo pubblico, di considerare pari a sè Adele, la donna che gli è fedelmente a fianco, nonostante le fatiche legate alla cura dei molti figli ed i segnali che rendono evidente tale svilimento. Tra gli attori, ho molto apprezzato Roberta Rovelli, nel complesso ruolo di Adele, moglie, madre, padrona di casa, in grado di essere tutto ciò, sopportandone, con dignità, compostezza e senza mai - checchè egli ne pensi - ritenersi inferiore al marito, i relativi dolori, responsabilità, fatiche. Cesare è interpretato da Tommaso Ragno; la sventurata Lucia, da Martina Scrinzi. Giuseppe De Domenico è Pietro, un personaggio sul quale effettuare una valutazione non è facile. Sarebbe sbrigativo considerarlo un poco di buono; egli, giovanissimo, strappato agli affetti del proprio ambiente, ha conosciuto la sofferenza della deportazione. Sopravvivere, fuggire, riuscire a raggiungere, insieme ad un amico, un luogo sicuro, rappresenta una rinascita. Il dover essere sempre all'erta, in attesa della fine della guerra, la precarietà connessa ad una salvezza da conquistare giorno per giorno, evidentemente addormenta la sua ragione e ne risveglia gli istinti. Dunque, si lega a Lucia. Avrebbe ben potuto disinteressarsi della sua esistenza precedente, eppure sceglie di tornare in Sicilia; forse, per "regolarizzare" la questione con la prima moglie ? Non ci è dato saperlo. Il film parla di guerra senza tuttavia mostrarla; i vermigliani vivono isolati, non s'interessano di politica. Il solo Cesare s'impegna ad impartire un'educazione civica ai suoi concittadini, per lui una sorta di famiglia allargata. Per tutti, il conflitto è una sventura, come può esserlo il dilagare di un morbo, una valanga, una carestia. Si festeggia la fine delle ostilità, non la vittoria di una fazione. Il ritmo del film è lento; la fotografia predilige toni allineati con le stagioni attraverso le quali si snoda il racconto. Ho apprezzato le intenzioni della regista, la scelta di dare alla narrazione un'impronta documentaristica - ella è originaria dei territori ove si svolgono i fatti - e l'evoluzione "veristica" della trama; molti film ambientati a ridosso della fine del conflitto mondiale parlano di rinascita, con toni ottimisti o meno. In "Vermiglio" la tragedia della famiglia Graziadei è "trasvesale" rispetto gli accadimenti storici. La ritrovata pace fa precipitare gli eventi, ma offre comunque una possibilità, uno spiraglio di speranza ai giovani, i quali hanno possibilità di abbandonare le montagne per mettere a frutto o sviluppare i loro talenti altrove. Tuttavia, non ho apprezzato l'estrema lentezza della narrazione, esasperante sin dalle prime sequenze. Ciò ci dà modo di conoscere i personaggi principali, la vita dei vermigliani, la loro visione del mondo, gli stati d'animo, le prospettive. Ma non c'era altro modo, se non dilatare - in rapporto alla, di fatto molto semplice, vicenda - a tal livello i tempi ? Dialoghi ridotti al minimo, in dialetto, con sottotitoli; colonna sonora quasi assente; molte sequenze volte a mostrare nel dettaglio le azioni quotidiane dei personaggi, da soli o in compagnia; tutto ciò, pur rispondendo ad una precisa volontà della regista, è in grado di fiaccare l'interesse di più di uno spettatore, riducendo le possibilità di fruizione di quest'opera; un peccato, in rapporto alla cura profusa nella realizzazione.

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