Regia di Akira Kurosawa vedi scheda film
L'impatto e la reale portata di un'opera d'arte non si possono percepire appieno a sessantasette anni dalla sua creazione, ma la fruizione è sempre auspicabile, per l'arricchimento che comunque se ne può trarre. Ci si approcci a questa pellicola con un atteggiamento molto diverso rispetto a quello che si può tenere nei confronti di un registucolo d'oggidì, per questo film non ci si erga a giudice, ma si esprima timidamente una propria, personale e pacata opinione. Si tratta di tre ore e ventisei minuti che non stancano affatto, in sintesi si è di fronte ad un'epitome dell'estetica giapponese. C'è il lato comico, quello sentimentale, il grottesco, l'aspetto sociale, la solidarietà, il valore dell'amicizia, questo e molto altro ancora, e su tutto questo quel pizzico di follia che impedisce agli occidentali una profonda comprensione del popolo del Sol levante. Si consiglia caldamente la visione in lingua originale con i sottotitoli, perché c'è un abisso tra l'interpretazione originale degli attori e il doppiaggio, per quanto valido ed apprezzabile possa essere, solo così si può cercare di entrare un po' in quella cultura, in quella mentalità, in quello spirito. Volendo fare le pulci ad un capolavoro, si potrebbe avanzare l'osservazione che la fotografia in certi passaggi sia un po' debole, un maggiore contrasto e profondità non avrebbero guastato, mentre il punctum pruriens è decisamente la musica, personalmente mi aspettavo koto, shakuhachi e shamisen a bizzeffe, mentre invece c'è un largo uso di strumenti occidentali, specialmente di fiati, e in particolare il motivo che accompagna i momenti più comici, arrangiato per sax e percussioni, è veramente fastidioso.
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