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Rivolta al blocco 11

Regia di Don Siegel vedi scheda film

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FABIO1971

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Rivolta al blocco 11

di FABIO1971
8 stelle

Prima di introdurre Richard McGee, storico direttore del carcere di Folsom (dove il film è stato girato, impiegando, tra l'altro, veri detenuti tra le comparse), impegnato durante una seduta dell'American Congress of Correction, la voce off e le immagini di repertorio presentano il contesto storico-sociale da cui prende le mosse la vicenda narrata: "Una serie di rivolte si è verificata ultimamente nei penitenziari americani: in un periodo di 20 mesi si sono avute ribellioni in 35 stati. La prima è stata a Trenton, nel New Jersey, poi a Jackson, nel Michigan. Questo penitenziario, che è il più grande del mondo, fu sconvolto per cinque giorni dalla furia dei reclusi, che distrussero tutto quanto capitò loro sotto mano: i danni ammontarono a 2,5 milioni di dollari. Poi in Pennsylvania, dove, nel penitenziario di stato, i reclusi presero in ostaggio cinque agenti di custodia: i danni furono ingenti, come si nota da questa veduta dell'interno dell'edificio. In quello stesso periodo si ribellarono i 231 reclusi della prigione agricola di Rahway, nel New Jersey: ecco le lenzuole coperte di scritte esposte alle finestre fracassate. I reclusi resistirono quattro giorni e mezzo prima di sottomettersi. Nella prigione di Menard, a Chester, nell'Illinois, venne chiamata la polizia di stato: dieci guardie erano tenute in ostaggio, tre delle quali dai reclusi del reparto psichiatrico. Qui i reclusi vollero parlare al governatore per esporre le loro lamentele. Queste rivolte, che sono costate milioni e milioni, hanno sollevato il vivo interesse del pubblico americano". E, come evidenziato da McGee nel suo rapporto, ce ne saranno ancora altre, se il problema non verrà definitivamente affrontato eliminando le negligenze delle autorità responsabili.
Un carcere, blocco 11, la distribuzione dei pasti ai detenuti: mentre gli altoparlanti della radio diffondono canzoni e spot pubblicitari, le attività di routine del penitenziario si svolgono, giorno e notte, nella consueta tranquillità. Ma si tratta di una calma apparente, perchè il malcontento dilaga, invece, senza freni: al momento opportuno, infatti, alcuni prigionieri, capeggiati da James Dunn (Neville Brand) e dal truce (e psicotico) Mike Carnie (Leo Gordon), mettono in atto il proprio piano e, neutralizzati i secondini, prendono il controllo del blocco, liberano il resto dei detenuti e scatenano la rivolta. Scatta l'allarme e il corpo di guardia del penitenziario, immediatamente allertato, convoca d'urgenza il direttore Reynolds (Emile Meyer), mentre il blocco 11 viene devastato e i reclusi comunicano le proprie richieste: intendono parlare con la stampa, pretendono condizioni migliori e, soprattutto, le stesse concessioni ottenute dagli altri penitenziari del Paese. Reynolds non ha alcuna remora ad acconsentire, ma Haskell (Frank Faylen), il funzionario spedito dal governatore a trattare con i detenuti, ha idee differenti e si mostra da subito ostile alle loro richieste. Quando la ribellione si propaga con furia anche nel resto del penitenziario e intervengono inevitabilmente i nuclei antisommossa della polizia, i detenuti del blocco 11, nonostante le sconsiderate pulsioni violente di Carnie, riescono a respingere l'attacco. Ma l'intervento di Haskell e i suoi bellicosi propositi per stroncare la rivolta rischiano di far precipitare ulteriormente la situazione e soltanto quando il governatore decide di accettare le loro richieste e i quotidiani del mattino diffondono le notizie della vicenda, i rivoltosi depongono finalmente l'ascia di guerra. Qualche settimana dopo, però, il direttore Reynolds viene trasferito e le promesse di un'imminente riforma carceraria rigettate, anche se non completamente: l'impresa di Dunn e dei detenuti del blocco 11, infatti, ha destato l'interesse dell'opinione pubblica...
Rivolta al blocco 11, classico assoluto del cinema di ambientazione carceraria, scritto da Richard Collins e girato a budget ridotto, costituisce il primo titolo di assoluto rilievo nella filmografia di Don Siegel: ritmo incalzante, azione forsennata, pathos, denuncia accorata delle storture sociali, magistralmente orchestrati sul doppio registro della cronaca documentaristica e del dramma e sorretti dalla mano sapiente del suo autore, capace di distinguersi anche nelle sequenze di raccordo, come quando, al calare della sera, deve caricare di presagi funesti una situazione di routine (e inquadra dall'alto il corridoio del blocco 11 mentre si spengono le luci nelle celle al passaggio del secondino per il giro di controllo, fino al buio), scelta stilistica ripetuta spesso durante la prima parte del film. In termini di raffinatezza, poi, basterebbe osservare la splendida sequenza della doppia telefonata del direttore del carcere, prima con il governatore e poi con la moglie di uno dei secondini in ostaggio, secca e quasi brutale nell'ondeggiare dolorosamente tra cinismo, senso del dovere, sarcasmo e pietas umana. Oppure, incorniciata nel magico bianco e nero della fotografia di Russell Harlan, la meravigliosa sequenza della rivolta per ammirare l'esaltante scansione drammaturgica della tensione e l'esemplare limpidezza della scrittura, che esaspera la fluidità del ritmo e dell'azione nei tagli incalzanti dei campi e controcampi e nei brevi e scattanti movimenti della macchina da presa: e così, quando scoppia il caos nella prigione e viene dato l'allarme, Siegel ha ormai avvinghiato e sedotto lo spettatore con il fascino e la potenza affabulatoria del narratore di razza. Senza ombra di dubbio, il miglior prison movie dell'intero decennio.

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