Regia di Doug Liman vedi scheda film
Tratto da uno dei romanzi della trilogia dedicata all’agente Jason Bourne da Robert Ludlum, “The Bourne Identity” è l’ennesimo fiacco thriller che Hollywood ci propone in questo decennio di stanchezza. Eroe senza passato (il protagonista ha perso la memoria quando viene recuperato in alto mare da un peschereccio italiano) e rincorsa disperata per rimettere insieme i tasselli mancanti, tanti, troppi cattivi (agenti della Cia, terroristi, gangster?) che cercano di eliminarlo e una bella sconosciuta che, non sempre di buon grado, si dà da fare per aiutarlo, scene d’azione spericolate e location attraenti (Parigi, Zurigo – ma in realtà è Praga, la base della Cia a Langley): gli ingredienti sono sempre gli stessi, gli attori (Matt Damon, Franka Potente e Chris Cooper) sono giovani e carini, ma chissà perché la formula non funziona più come una volta. È diventata maniera, è diventata telefilm gonfiato, sempre un po’ troppo lungo, un po’ troppo pomposo, un po’ troppo dilatato. Il regista Doug Liman viene dal cinema indipendente, dove faceva commedie di metropolitana alienazione sentimentale (“Swingers”, “Go”), e si dà un gran daffare per dimostrare di essere pronto per il cinema “maggiore”. Ma in realtà pasticcia e non controlla il suo materiale.
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