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A Venezia... un dicembre rosso shocking

Regia di Nicolas Roeg vedi scheda film

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La recensione su A Venezia... un dicembre rosso shocking

di maso
10 stelle

 

 

Un classico della cinematografia anni settanta, del genere thriller sovrannaturale ed ovviamente della filmografia del funambolico Nicholas Roeg in forma strepitosa e grondante genialità ad ogni inquadratura, non a caso "Don't look now" è il suo terzo film e si staglia al centro di un diadema di realizzazioni stilisticamente magistrali ai cui estremi si collocano "Performance" e "Bad timing" che è il primo di una lunga serie di pellicole con protagonista Theresa Russell e classificabile come il canto del cigno del periodo di massima creatività del grande Nicholas Roeg, infatti dopo questa cinquina la sua carriera è proseguita fra medio alti e molto bassi ed ha purtroppo evidenziato una perdita di fantasia e vivacità che lo avevano incoronato come il cineasta più innovativo proveniente dal free cinema.

La vicenda dei coniugi Baxter inseguiti dal fantasma della figlia Christine fino a Venezia è una fantastica occasione per Roeg di sfoderare una serie di tecniche di ripresa classiche sempre e comunque poste in atto con il graffio del suo stile fiammeggiante, già nel prologo in cui assistiamo al tragico incidente che segnerà il destino della famiglia Baxter lo stile di Roeg esplode fragoroso fra zoommate improvvise e rallenty ossessivi alternati in un montaggio che mette insieme umori e sensazioni contrastanti: dall’interno della casa in cui i coniugi Baxter discutono placidamente si passa all’esterno dove i loro figli giocano liberamente ma si avverte nell’aria una tragedia incombente come segnalato da alcune simboliche premonizioni che si riflettono nella diapositiva che Donald Sutherland estrae dal proiettore perché insospettito da uno strano cappuccetto rosso al fianco dell’altare, macabramente la reazione del vino versato sulla diapositiva genera una striscia rossa sanguigna che conduce direttamente a Christine e il suo cappottino rosso lucido, la sua immagine si staglia nitidamente fra i colori opachi della natura e con un’altra intuizione geniale Roeg ci fa immaginare che qualcosa di drammatico è avvenuto indugiando sul fratellino che infrange con la sua bici uno specchio stranamente posto sul prato, la rottura dello specchio è come un segnale per il padre che scatta improvvisamente all’esterno denotando qualche potere di preveggenza, come un terzo occhio capace di vedere oltre ciò che si ha di fronte, l’immagine di Christine riflessa sullo specchio d’acqua è un altro segno premonitore non solo per la conclusione del concitato prologo in cui Roeg fa una ripresa al rallentatore di Sutherland che sembra uscire dallo schermo con il suo grido disperato ma soprattutto per lo svolgimento del film che si sposta sui canali di Venezia avvolta in un gelido inverno dove un misterioso serial killer sta mietendo vittime.

L’approccio di Roeg con il capoluogo veneto è distaccato dalle immagini canoniche di una città romantica, la descrive invece come un luogo lugubre e tetro anche se trova il tempo per filmare una sequenza d’amore celeberrima girata in prevalenza in soggettiva nella quale i corpi nudi della Christie e di Sutherland sembrano abbracciare il cameraman per quanto sono ravvicinati fra loro e l’obiettivo, come in molti suoi film il montaggio alterna l’amplesso a scene distensive della coppia in questo caso intenta a prepararsi per uscire, lo scopo è di mostrarci una rinata armonia fra i Baxter recatisi a Venezia non solo per il restauro dei mosaici di una antica cattedrale di cui John si sta occupando ma anche per superare il trauma subito, in realtà l’incontro con una cieca sensitiva li metterà in allarme visto che le continue premonizioni avvertite da John prendono forma nuovamente con l’immagine di quel cappottino rosso per le labirintiche calli di Venezia, Christine e il suo ricordo continuano a vivere come una presenza fantasmatica fra i Baxter, soprattutto per John che sembrava essere così scettico nei confronti delle sue capacità extrasensoriali i sinistri presagi si accavalleranno fino a raffigurare davanti ai suoi occhi una immagine al di la del suo tempo e lo spingeranno ad inseguire quel fantasma rosso che si rivelerà essere un incubo assolutamente al di fuori della sua memoria; Roeg si lascia andare come nel prologo alle sue finezze stilistiche vivacissime a volte in maniera ossessiva come nella spettacolare sequenza dell’impalcatura pericolante e sfrutta con gusto raffinato la bella colonna sonora d’esordio di Pino Donaggio che esplode fragorosa nel singolarissimo finale, non voglio svelarlo ma mi sento obbligato ad anticiparlo in qualche modo dicendo che Roeg sembra credere veramente che prima di morire la vita ci scorre davanti come in un film.

“Don’t look now” fu apprezzato tantissimo da Daphne Du Maurier, l'autrice della novella da cui è tratto, ed è stato per anni un film didattico per i cineasti di tutto il mondo anche se lo stile di Roeg venne giudicato abbastanza contorto tanto da risultare spesso poco apprezzato proprio a causa della sua vena innovativa che rendeva i suoi film difficili da seguire, non a caso la sua carriera è stata povera di consensi unanimi ma quel cappottino rosso fra il grigiore di Venezia sembra proprio una idea che Spielberg ha sfruttato con molti più consensi in un suo film da Oscar che tratta tutt’altro tema.

Nicolas Roeg

Ha fatto scuola ed anche oggi per quanto parecchia acqua sia passata sotto i ponti di Venezia è ancora un prontuario da seguire con attenzione per apprendere come realizzare un film.

Julie Christie

Splendida la Christie in un ruolo tutto sommato accessibile in cui ha saputo esprimere un turbamento crescente con misurato mestiere.

Donald Sutherland

Prova molto fisica oltre che caratteriale senza sbavature.

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