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L'arpa birmana

Regia di Kon Ichikawa vedi scheda film

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La recensione su L'arpa birmana

di steno79
9 stelle

Film che ha diviso molto la critica e gli addetti ai lavori fin dalla sua uscita nel 1956, "L'arpa birmana" si é guadagnato un posto meritato nella Storia del cinema giapponese per l'accorato appello pacifista e il monito contro la follia della guerra, ma anche per l'intensità del racconto, la bellezza figurativa di molte sue pagine e il rigore della regia di Kon Ichikawa, un autore che non può essere citato alla stregua dei grandi maestri come Ozu, Mizoguchi e Kurosawa, ma che resta una presenza di forte spicco nella cinematografia nipponica dagli anni 50 in poi. Con la storia del soldato giapponese Mizushima che dopo la capitolazione del Giappone diviene un monaco buddista in Birmania e si dedica alla sepoltura dei cadaveri lasciati in balia degli avvoltoi, Ichikawa ci parla di tematiche di forte attualità circa dieci anni dopo la fine del sanguinoso conflitto mondiale, con un tocco molto personale che mette in secondo piano la derivazione letteraria da un romanzo per bambini di Michio Takeyama, sceneggiato da sua moglie Natto Wada. É vero che si potrebbero rimproverare al regista alcune situazioni tendenti ad un patetismo di sapore un po' datato, così come un uso forse fin troppo ricorrente del canto da parte dei soldati, ma di fronte alla compiutezza della sua denuncia antimilitarista e alla forza poetica che vengono ad acquistare i personaggi con i loro dilemmi esistenziali, fare gli schizzinosi in questo caso sembra operazione decisamente da snob. Disapprovo in maniera decisa la manovra ordita da Luchino Visconti, artista mirabile ma forse non proprio impeccabile come critico e giurato, che gli sottrasse il Leone d'oro a Venezia nel 1956, quando si era creata una sorta di unanimità fra critica e pubblico sul film di Ichikawa. La scena della lettura da parte del comandante giapponese della lettera di Mizushima ai suoi ex compagni d'armi farà piangere o emozionare anche molti spettatori odierni con un pathos a mio parere non ricattatorio che si affianca ad una fotografia sobria e raffinata, insostituibile nel creare l'atmosfera desolata che caratterizza il racconto nei suoi picchi emotivi. Rifatto dallo stesso Ichikawa nel 1985 con un remake che non sarà giudicato all'altezza da molti critici, "L'arpa birmana" é diventato un classico alla stregua di "Orizzonti di gloria" di Kubrick, un film che prende una posizione morale molto precisa e ha l'urgenza di comunicarlo allo spettatore senza eccedere in effettismo e senza rinunciare al conforto delle lacrime. Un film che aiuta a maturare, forse non perfetto ma ancora straziante e bellissimo.

Voto 9/10

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